Viaggio nella Preistoria: la Chioccia di Pietra e il Canto delle Matronae a Sesto Calende
È passato molto tempo, dall'ultima volta che visitai questa Madre Roccia. La Chioccia di Pietra, legata ai misteri femminili delle Madri antiche, ai quali dedicai le mie giovanissime ricerche dove ho raccolto nel corso degli anni diversi itinerari sul sentiero di queste rocce erratiche sorelle, sparpagliate tra il Piemonte e la Lombardia; con le loro coppelle e i loro significati rituali e metaforici. Il primo Gennaio, nonostante la quasi totale assenza di forze, ho desiderato tanto ripercorrere quei primi passi, forse per ricordare a me stessa quanto è «antico» il momento in cui la conobbi.
La Leggenda della Chioccia di Pietra
Sulle colline che digradano verso il
Ticino, presso Sesto Calende, si vede a mezza costa un enorme sasso erratico di
serpentino, la cui forma richiama perfettamente alla memoria quella di una
chioccia nell’atto di covare i suoi pulcini. A questo sasso si ricollega una
antichissima leggenda locale, la quale per vero ci è giunta solo frammentaria
ed assai confusa, perché risale nientemeno che all’epoca romana. Essa esalta l’amore
materno. Racconta come una volta un drago immane, che funestava quei luoghi,
venne a morte – anche adesso una paurosa fossa, presso Sesto Calende, vien
detta la fossa del drago – ed il suo corpo corrompendosi generò una nebbia
pestifera che si spandeva largamente intorno, seminando la morte. Una madre che
aveva due piccoli, scorgendo questa nube, si dispose a salvare le sue creature
e, preso il più grandicello sulle spalle, si strinse al petto il più piccolo e
s’avviò per un sentiero che saliva verso i colli. Purtroppo quell’atroce nuvola
di morte la inseguiva. Il suo passo si faceva sempre più incerto perché il peso
era opprimente, ed il fiato incominciava a mancarle. Ciò nonostante seguitò a
salire, a salire, finchè ebbe forza; poi quando, non potendone più, dovette
accasciarsi per terra con le sue creature che piangevano e si lamentavano, le protesse
ancora con tutto il suo corpo, le strinse a sé, sussurrando dolci cose che le
addormentassero, e così attese la morte che infatti poco dopo la raggiunse. Al
suo posto, gli abitanti del luogo, quando tornarono nelle loro terre, dopo la
terribile sventura, trovarono quel masso di colore verde bronzo. Ed anche oggi
le giovani mammine si recano a pregare ai piedi della chioccia di pietra per
impetrare la salute dei loro bimbi. — Tratto da Enciclopedia della Fiaba, a
cura di Fernando Palazzi, Fiabe Classiche, Mitologiche e Regionali Italiane,
quarta edizione, Casa Editrice Giuseppe Principato, Milano – Messina, 1953, p.
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Cenni Litologici Il Masso di Preia Buia, o Sasso di Preja Buia o Sass de Preja Buja; è un monumento naturale regionale con tutta probabilità testimone della epoca preistorica; caratteristico di un complesso megalitico situato nel territorio comunale di Sesto Calende, nella provincia di Varese. Raccolto in una culla boschiva che dal paese si stende verso l’alto, è comprensivo di una grossa roccia erratica, composta di un materiale che prende il nome di “serpentino”, ovvero di un verde scintillante che si diversifica dal resto dell’area, suggerendo la provenienza dalle Prealpi Lombarde, ricoperte di materiale la cui consistenza è di origine morenica, ossia si sarebbe generato durante il fenomeno della glaciazione.
Cenni Storici
Nella leggenda, seppure attribuita ai
romani, v’è reminiscenza del culto delle Matronae, vive nelle Dee di luce e
custodia del fuoco tipiche del culto celtico, di dietrologia matriarcale preindoeuropea;
che animava la Gallia Cisalpina molto prima che i romani facessero proprie
terre, Dee e usanze. La Chioccia è la chiara presenza della Grande Madre dell’Era
della Roccia Madre; espressione coniata dalla archeologa dell’immaginario
Luisella Vèroli. Anche la presenza del drago, che anima molte leggende locali del
Lago Maggiore quanto del Lago d’Orta, tra Piemonte e Lombardia; è un prezioso
riferimento agli animali che appartenevano alle grandi madri splendenti – per parafrasare
Luciana Percovich – che furono venerate nella Vecchia Religione.
Taccuino di Viaggio “Ieri, la Roccia, l'abbiamo sentita cantare. Voci di donne vibravano al suo interno, come rimbombando e facendo eco in una cassa di pietra. «Le Matronae hanno recitato il loro incantesimo»; ha esordito il mio compagno di viaggio. Dopotutto, questi sono i loro giorni, il loro sole, le loro notti, la terra che un tempo hanno camminato; e che le ha viste danzare nel boschetto d'oro inverdito”.
Curiosità di Viaggio Anche definite “Massi delle
Streghe”, o col nome di “Trovanti”, sono enormi rocce che, a seguito del
ritirarsi dei ghiacciai, e quindi dopo essere state trasportate a fondovalle,
viaggiarono in solitudine ritrovandosi, “casualmente”, ad occupare le più
insolite posizioni sulla pianura. Potremmo azzardare un’illazione e
considerarle come delle sorelle, nonché figlie di una più grande e saggia
Roccia Madre, “sirene” originarie di uno stesso oceano, messaggere di amore e
conoscenza che, giunte fino a noi, rivestono il ruolo di portatrici di quella
verità che nella Roccia Madre vibra al ritmo dell'incessante e salvifico
tamburo ancestrale della Dea...
Citazione di Viaggio, Le Coppelle delle Donne Antiche “Lo specchio d’acqua è il simbolo dei simboli, perché, riflettendo la luce del sole, della luna, delle stelle, è in grado di mostrare i lati nascosti della realtà visibile a occhio nudo. Riflettendo, a seconda del posizionamento, ciò che sta sopra, in basso, dietro e avanti, lo specchio mostra ciò che non percepiamo coi cinque sensi”. “Mentre i maschi sono in grado di vedere il proprio sesso dall’alto e lo confrontano con quello degli altri uomini; lo specchio diventa, dunque, prerogativa prettamente femminile. Lo specchio è da sempre un attributo delle sacerdotesse delle religioni pre-patriarcali che lo usavano, oltre che per truccarsi ed esplorare le parti intime, come oggetto divinatorio”; servendosi della luce lunare. Furono proprio le coppelle contenenti acqua ferma, fra l'altro, ad essere i primi specchi delle donne, e solo più tardi arrivarono quelli in ossidiana levigata”. — Tratto da Dal Cosmo alla Cosmesi, la divina seduzione e l’arte del trucco dalla preistoria al futuro, Luisella Vèroli
E qui, gli scatti più belli, il sole tramontava irrorando una luce d'oro, della quale io e il mio compagno di viaggio ci siamo nutriti. Ne avevamo bisogno. Un passante, forse un fotografo o un articolista, ci ha chiesto se avremmo voluto essere i soggetti delle sue fotografie a documentare la visita alla pietra. Ci aspettiamo qualche sorpresa!
Questi, invece, alcuni scatti della passeggiata tra i
bagliori e la foschia crepuscolare tutt'intorno. Il ponticello, il torrente, i ricami rosei
nel cielo, e le bellissime stelle pendenti sul salice, che ha subito attratto
la mia attenzione.
Memorie di Viaggio «Ho scritto qualcosa, sui ponti. Sul significato che hanno per me. Devo recuperare quelle parole e condividerle»; mi sono detta. Ed eccole qui, le mie parole del 2019, in occasione della mia visita al borgo di Armeno: “ci sono ponti che dobbiamo attraversare, altri che dobbiamo essere noi stesse a creare, se vogliamo mostrare di essere davvero ciò che diciamo di essere, ed altri ancora che, invece, è necessario si sgretolino alle nostre spalle, restituendosi al nulla da cui erano apparsi”.
Ed ora le foto più belle, quelle che più ho amato scattare, sulla
parte del fiume Ticino che fuoriesce dal Lago Maggiore: puro incanto.
E, infine, gli ultimi delicati dettagli che hanno attratto la nostra attenzione, nel centro del paese; con l'immancabile sosta per rifocillarsi. Penso di essere rimasta a fissare con occhi ammirati questo albero di Natale per almeno cinque minuti.
«Il più bell'albero che abbia visto quest'anno, io credo» – ho esclamato a gran voce. «Dopo il nostro, vorrai dire» – ha reclamato il mio compagno di viaggio.
Riflessioni di una strega in viaggio, L'istante che incede Consapevole di quanto sia rimasto in sospeso da scrivere nelle ultime settimane; mi godo questo «tempo altro», attraverso un ponte, un «passaggio» che ancora sento vivo, tra il nuovo anno e quello vecchio; quasi che la mia sosta tra le due dimensioni debba prolungarsi ancora per qualche istante che, forse, incederà con la chiusura del «luogo addietro», al rintocco dell'ultima delle Dodici Notti.
Sitografia
Il Sasso di Preja Buia, ricerca di Claudia Simone disponibile nella sezione Le Vie dell'Antro, La Via delle Madri
Il Culto delle Matronae, ricerca di Claudia Simone disponibile nella sezione Le Vie dell'Antro, La Via delle Madri
Diritti
Testo e fotografie di proprietà di Claudia Simone. Vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso scritto dell'autrice e senza citare la fonte.
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