Le Mie Stelle sulla Rotta
Le Stelle, intuitivamente dotate di una intrinseca pluralità insita nella loro natura, sono, per me, frammenti sparsi di un primo fuoco acceso che ha guidato, scaldato, ispirato le mie antenate in cammino verso le le loro eredi, le loro figlie.
Durante l’ultimo viaggetto a Riva Valdobbia, una colonia Walser di Alagna, in Valsesia, in provincia di Vercelli, io e il mio futuro marito abbiamo conosciuto un esperto in astronomia. Non un astronomo, né un cervellone borioso, carico di titoli e nozioni, ma un semplice appassionato ed eclettico, una persona discreta, che ha persino faticato a riconoscersi il merito per la bellezza che ci ha donato.
— Come mai siete saliti fin qui, con questo freddo? —
ha chiesto lui.
— Avevo la sensazione che un “punto luce” fosse qui per
me e mi chiamasse — ho risposto io, ancora rapita dal gusto della miaccia
più buona mangiata in Valsesia fino ad ora, al piccolo pub “da Mario” .
— In effetti le nostre Valli sono costellate di “stelle
viventi”, riflettono la bellezza del cielo, delle montagne e della tradizione —
ha allora ribattuto, quasi impedendomi di finire la frase e mostrando, con ogni
segnale del linguaggio corporeo, un improvviso interesse per ciò che nascondevo
(non troppo abilmente, dopotutto) nel mio sguardo sognante.
Così, scambiate le prime chiacchiere, sono emerse alcune riflessioni – che riporto di seguito – ispirate alla sua competenza quasi autodidatta nell’ambito e le mie intuizioni profonde e personali.
***
La parola “stella” è stata oggetto di osservazione e dibattito per molti
linguisti. Fino agli inizi del XX secolo, si ritenevano possibili due
etimologie differenti: la prima, proposta dal tedesco Adalbert Kuhn,
sosteneva che “stella” derivasse dal latino stella (ab origine
sterla), forma sincopata di “sterula”, forma diminutiva di Stèra; deriverebbe dall'ittita shittar
e dal sanscrito sitara, la cui radice sit-
è comune col verbo “spargere”. Secondo questa interpretazione “stella” significherebbe
quindi “sparsa per il firmamento”. Altri studiosi credevano invece che il
termine derivasse dall’arcaico “astella”, che a sua volta si è originato dal
greco “astér”, in latino “astrum”, con radice indoeuropea as-, dove “stella”
significherebbe “che scaglia raggi di luce”.
Attualmente i linguisti sostengono che il termine potrebbe
derivare da una radice protoindoeuropea, *h₂stḗr, *h₂Hs che dovrebbe
significare “ardere”, “bruciare”; oppure stella discenderebbe da una parola
sumera o babilonese, riconducibile al nome della dea Ishtar la quale, peraltro,
è parte di un corredo di dee “sireniche” e celesti che ho riscontrato nelle mie
ricerche su Strega in Rosa.
Etimologicamente, “stella” è connesso anche a sterre, antico inglese steorra o dal proto-germanico Sternam (in tedesco, in effetti, stella si dice Stern).
Molte sono le stelle che hanno guidato e ispirato sin dai tempi primitivi l'essere umano, che ha attribuito loro significati differenti anche in base al numero di raggi di cui ogni simbolica stella è stata dotata. Seguono le mie riflessioni – libere e proprie – sulle “forme di stella” che riguardano me e hanno ispirato la mia rotta fin da quando ero incapace di dar loro un senso, una forma, un nome.
Se è vero che, talvolta, la conoscenza uccide l'immaginazione, altre volte tentare di conoscere riporta a casa, dove si era sempre state e non si era mai spento ciò che era sempre appartenuto.
La Stella Polare
“Il Moto nella immobilità apparente”
La prima di queste riguarda la Stella Polare (la stella a otto punte che, con tutta probabilità, ha dato vita alla Rosa dei Venti, composta di quattro punti cardinali maggiori e quattro minori, con altri otto che, in tutto, formano una stella a sedici punte) divinizzata sin dall’Era della Pietra dai popoli sciamanici artici e baltofinnici, ritenuta una Madre feconda, argentata e dorata, che si sarebbe addirittura calata sulla terra per procreare con l’uomo, niente meno dando vita ai “figli dell’Orsa”.
Molte sono le stelle
che, nel corso del tempo, si sono “fregiate” di questo titolo di Stella Polare,
come guida e riferimento dell’uomo. Tecnicamente, la stella polare è la
stella visibile a occhio nudo la quale, circa, si trova allineata con l’asse di
un pianeta (nel nostro caso, la terra), indicandone fondamentalmente il polo
più estremo. È corretto dire, in effetti, che ogni polo ha la sua stella,
quello a nord come quello a sud.
La Stella Polare dell’emisfero boreale, fa parte della
costellazione dell’Orsa Minore, anche detta Piccolo Carro e, attualmente,
indica il polo nord celeste della terra ed è stata identificata in “Polaris” (a
Ursae Minoris), la quale è collocata al centro dell’orbita circolare fra l’Orsa
Maggiore e Cassiopea.
Non avevo mai pensato a questo dettaglio, ovvero che, compiendo
la terra una costante traiettoria circolare (non essendo, dopotutto, l'unico pianeta esistente) ed esercitando una processione sulla
sfera celeste che dura circa 26000 anni, la stella che guida non potrebbe
essere la stessa per tutte e tutti, né la stessa per sempre. Lo stesso vale per la stella polare
australe, che nella epoca processionale attuale è nota come “o Octanis”.
Osservando le stelle dal nostro pianeta, è altresì naturale
notare il loro moto circolare, mentre l’unica che all’occhio appare fissa, immobile,
è la Stella Polare.
A ogni modo, tutte le stelle hanno un “moto proprio”, ovvero
compiono un loro viaggio all’interno della galassia, per questo la loro immobilità è assai apparente.
Una delle caratteristiche principali di una Stella Guida è, a ogni modo, la capacità di donare attorno la percezione di essere sempre viva e
presente, una realtà brillante costante, una pace luminosa, pur nella capacità e consapevolezza
di essere, in fin dei conti, un corpo in movimento, quindi a sua volta incostante,
perciò flessibile, pure se nel suo brillio sprigionante coerente.
Le Pleiadi
“Frammenti di una Matrix condivisa”
Le Pleiadi – un altro capitolo fra le “mie” stelle – collocate a Nord dell’equatore celeste, ossia nell’emisfero boreale, sono invece le sette stelle visibili a occhio nudo praticamente da ogni luogo della terra, persino dai centri urbani, giganti blu o bianche, la cui “nascita” è relativamente giovane (hanno circa cento milioni di anni e la loro aspettativa di vita dovrebbe essere di “soli” altri 250 milioni). Condividono fra loro, non solo la matrice (come se fossero, letteralmente, figlie della stessa madre), ovvero il momento della “venuta alla luce”, bensì sono legate fra esse a livello gravitazionale: la loro origine è comune, la loro “morte” sarà altrettanto. Uno studioso, il reverendo John Michell, nel 1767 presuppose addirittura una condivisione originaria del loro corpo fisico, il quale, a un certo punto, se ciò fosse vero, si sarebbe diviso in “frammenti di stelle”.
Data la visibilità di alcune di loro (in realtà, ce ne sono centinaia all’interno dello stesso “ammasso stellare”) hanno da sempre ispirato l’essere umano, guidandolo alle sue rotte. Nell’emisfero boreale la loro preminenza nella volta celeste è d’inverno, mentre in quello australe è in estate: per i marinai egizi e Cananei, la loro “comparsa” nel cielo significava che la stagione primaverile era vicina; indicava il momento giusto per imbarcarsi alla volta del mare, tanto è vero che i miti semiti loro connessi, sono tutti stati ereditati da Greci e Romani, che li hanno fatti propri fondendo fra loro dee semite (identificate nelle stelle) preesistenti.
Forse è per essere effettivamente – e non solo apparentemente – così simili e vicine tra loro, che le Pleiadi hanno ispirato il mito delle “sette sorelle”, di cui ho trovato una fra le più belle versioni – che ho scritto da tempo e sto custodendo da tanti, tanti anni – nei racconti aborigeni australiani. In questi miti, riscontrabili in motivi simili anche in alcune leggende delle nostre parti, nel Nord Italia, spesso sono una o due sorelle a ritrovarsi in pericolo a causa di un personaggio maschile del mito avido della loro bellezza e le altre le soccorrerebbero indiscutibilmente, mettendo in pericolo la loro stessa vita per le sorelle. Questa versione, simile in luoghi così lontani fra loro nel mondo, potrebbe essere nata e diffusa per spiegare – quando ancora non c’erano i mezzi per studiarle e osservarle come si ha potuto farlo con l’avvento della scienza – il fatto che sovente solo sei di loro fossero visibili, mentre altre volte sarebbero sette, otto o addirittura di più (ciò dipende, in realtà, dal tipo di cielo e dal livello di inquinamento o dalla vista dell’osservatore).
Le Pleiadi non ci sono sempre state,
sembra che, a un certo punto, per una causa ignota ma intuibile, siano “finite
in cielo”, forse compiendo un cammino di grande sofferenza come donne o semidee
o, forse, è solo fantasia e nulla di ciò è vero..
Talvolta possono, fisicamente, venire occultate da astri
maggiori come la Luna, Mercurio, Marte e Venere a causa dei transiti in
prossimità del loro ammasso, creando uno spettacolo visibile al telescopio
senza eguali (accadde con la Luna, per esempio, il 7 gennaio 2009).
All’epoca dei Celti erano associate ai morti, dato che la
loro visibilità al chiarore del crepuscolo si accentuava a Est nel periodo di
Ognissanti (1).
(1) Amelia Sparavigna, The Pleiades: the celestial herd of ancient timekeeper, arxiv.org
Cometa
“Il Volo sublime attorno al Sole”
La cometa – forse colei che amo su tutte le forme di vita della Via Lattea – è un
corpo celeste più piccolo, somigliante ad un asteroide e composta da gas
ghiacciati tra cui acqua, metano, ammoniaca e anidride carbonica, frammenti di
rocce e metalli. Quelle che entrano nel nostro sistema solare interno, ovvero
visibili dalla terra, sono caratterizzate da orbite ellittiche e per la maggior parte
sono fatte di sostanze volatili ghiacciate: ciò che dona loro “chioma” e “coda”
è il processo di sublimazione – una vera e propria trasformazione alchemica – dovuto al passaggio della cometa vicino al
sole. Le comete potrebbero, pertanto, essere residui avanzati dalla
condensazione della nebulosa da cui lo stesso Sistema Solare venne a formarsi..
Ciò che di questo fenomeno chiama e ama profondamente la mia anima, è la sua etimologia: il termine cometa deriva dal greco kométes,
che significa “chiomato” oppure chiomata, ossia “dotato o dotata di chioma”, a sua volta da kòme,
ovvero “chioma” oppure “capelli”, poiché i nostri antenati e le nostre antenate
paragonavano la coda di questi splendidi fenomeni celesti a una lunga
capigliatura dorata, magari di una fanciulla..
La reazione avviene poiché, come detto, il calore del sole “sublima” gli strati ghiacciati più esterni rispetto al nucleo della cometa e
la pressione del vento solare, in particolare, conduce alla formazione della
lunga coda d’oro, la quale si estende nella direzione opposta del sole.
Nello specifico, sublimare deriva dal tardo latino sublimare, da sublimis ossia sublime; altresì la connotazione chimica ha origine nel latino medievale e gli venne attribuita dagli alchimisti (anche accostabili ai Magi, i sapienti) ed ha un utilizzo raro e antico. Significa elevare, innalzare a grandi onori oppure cariche, ma anche esaltare, elevare spiritualmente, rendere sublime.
Capita circa ogni decennio che una di loro sia visibile a occhio nudo e capita che polveri e gas vadano a formare due code che puntano in direzioni un poco differenti, creando uno spettacolo ineguagliabile, tantoché la chioma di una cometa può persino superare le dimensioni del sole; eppure, la sua luce è tenue: attraverso il suo corpo ghiacciato e incandescente – una perfetta coniunctio oppositorum – è possibile infatti vedere le stelle. Sebbene per noi siano fenomeni saltuari, visibili per pochi istanti del loro passaggio, l’orbita di una cometa può includere fino a duecento anni (che pazienza!). Alcune comete hanno singole apparizioni, ovvero possono essere di corto periodo (decine o fino a centinaia di anni), altre sono “periodiche”, ovvero quelle con orbita molto lunga. La loro morte è dovuta al continuo passaggio attorno al sole il quale, come le veste di coda, così le spoglia, fino a ridurle in polvere; mentre altre possono resistergli fino a diventare degli asteroidi perpetui, ovvero restare come ammasso di ghiaccio nel regno celeste.
Stelle Cadenti e Meteore
“Sciame di lacrime celesti”
Quando la Terra incrocia l’orbita di una cometa, in corrispondenza di una nube, si ha uno sciame di stelle cadenti, come le famose osservabili il 10 Agosto, note come “lacrime di San Lorenzo”, ma ci sono anche altri sciami, meno conosciuti e piccoli, ma non meno incantevoli. È corretto dire altresì, che le meteore, comunemente chiamate “stelle cadenti”, sono frammenti di comete o asteroidi che entrano nell’atmosfera terrestre. Passando attraverso l’atmosfera, si riscaldano per attrito e bruciano completamente, lasciando le meravigliose scie luminose che osserviamo col naso all’insù nei nostri cieli.
Venere Stella Mattutina o Vespertina
“La prima ad apparire, l'ultima a sparire”
Un’altra famosa attribuzione di stella – perché, in realtà,
stella non è – è stata identificata fin dal più lontano passato con Venere, il secondo
pianeta più vicino al sole alla quale è stato attribuito il nome di “Stella del
Mattino” o “Stella della Sera”, per via della sua vicinanza al sole che la
rende visibile alle prime luci dell’alba a est, poco dopo il tramonto a ovest.
(…)
“Ora Astarte, la divina amante di Adone, era identificata
col pianeta Venere e i suoi cambiamenti da “stella mattutina” a “stella
vespertina” venivano accuratamente notati dagli astronomi babilonesi che
ricavavano presagi dalle sue alternate apparizioni e sparizioni. Ma l’astro che
il popolo di Antiochia salutava alla festa era nato a Oriente; perciò, se fosse
stato veramente Venere avrebbe potuto essere solamente la “stella del mattino”.
Ad Afaca, in Siria, presso un famoso tempio di Astarte, era
“l’apparizione di una meteora” a dare il segnale per la celebrazione dei riti:
cadeva, come una stella, dal Monte Libano nel fiume Adone.
Si credeva che la meteora fosse “Astarte in persona” e il
suo volo attraverso l’aria rappresentava la discesa della dea innamorata tra le
braccia del suo amante. Ad Antiochia e altrove “l’apparire della stella
mattutina” nel giorno della festa può, in egual modo, essere stata presa come
l’arrivo della dea dell’amore per risvegliare il suo amante morto dal suo letto
terrestre. Possiamo immaginare che fosse altresì la stella mattutina a
guidare i Re Magi (peraltro identificati nella Costellazione di Orione o “Il
Cacciatore”) dall’oriente a Betlemme; invero, la Stella, e le dee celesti lei associate, sono la vera e più antica apparizione celeste femminile, la
dietrologia pagana, di quello spirito santo fecondatore della grotta/utero che,
in un tempo che si perde nella notte dei tempi, giungeva a risvegliare la terra
addormentata sotto la galaverna, dando vita alla natalità della creatura
solare.
Il sole, che al girare della ruota rinasce sotto l'egida del solstizio,
dopotutto, è una stella.
Testimonianze di un culto legato alla natività del sole
intorno al 25 dicembre, provengono dall'oriente persiano del dio Mithra,
originariamente molto simile al culto della Grande Madre; dalla Siria e
dall'Egitto, dove si festeggiava la vergine partoriente, la Grande Dea Celeste
dei Semiti, che era una forma di Astarte.
Inizialmente la data adottata per la natività era in queste
zone il 6 gennaio, furono i dottori della Chiesa che, volendo insabbiare le
radici antiche del culto della Stella Sole, decisero di concedere che la
natività del Cristo venisse fissata il 25 dicembre, e l'Epifania il 6 gennaio.
Fu un modo per inglobare le adorazioni pagane con quelle
cristiane in unicum che potesse soddisfare la richiesta del popolo e
soggiogarlo con mani invisibili alla nuova religione.
È vero inoltre (lo si apprende dal II Volume del
Taschenwörterbuch der Österreischischen Volkskunde), che il periodo di
congiunzione dall'anno antico lunare con 354 notti, all'anno solare giuliano
con 365 giorni si chiama “Dodicesimo”, e la Bercht, ovvero la Strega Alpina
Perchta (che molto condivide con la Befana italica), con il suo seguito di bestie selvagge, in queste notti andrebbe a
cercare la gente a casa, trascinando nell'aria la corsa selvaggia.
Le Dodici Notti alla fine delle quali la famigerata Stella Cometa “appariva”, erano quindi in origine il tempo derivante dalla differenza tra l'antico anno
lunare e quello solare.
Epifania, dal latino Epiphanía, dal greco Epifhàneia
significa proprio “apparizione”, ed è – secondo il Vocabolario Etimologico
Ottorino Pianigiani, p. 470 – “la festa cardinale in cui la chiesa cristiana
commemora la apparizione dell’astro” – la Stella – che dall’Oriente
guidò alla culla di Gesù i Re Magi, invero “i Sapienti”.
La stella, le antiche madri celesti dei semiti e la Befana
che nella notte del 6 Gennaio fa la sua comparsa, coesistono dunque nella
stessa entità di apparizione e miracolo celeste?
(Tratto da Iside Stella Maris e Astarte, La Madonna della Stella e le Origini delle dee celesti dei miracoli - Testo di Claudia Simone, 2022, Cfr: Frazer, Il Ramo d'Oro, Studio sulla Magia e la Religione, Bollati Boringhieri, ed. 2012, p. 416 )
—
Riflessioni di una Strega in Viaggio Avrei avuto molto altro, da scrivere, ma, a volte, per il bene è necessario lasciare andare qualcosa, anche se è proprio.
Le stelle mi hanno insegnato a praticare la flessibilità, a non temere il moto – soprattutto se necessario alla sopravvivenza. Mi hanno insegnato che ciò che sembra fermo, in realtà muta inesorabilmente. Mi hanno insegnato che, per sublimarsi, ogni tanto è necessario avere il coraggio di compiere un volo sconosciuto, una sorta di salto nel vuoto che, talvolta, può tramutarsi in una tendenza metaforicamente suicida – di parti di noi latenti e non più affini alle nuove rotte – come le comete, che, durante il loro lungo giro intorno al sole, alla fine può capitare che perdano la vita, scomparendo in infiniti frammenti; ciò toglie forse valore alla loro luce, che aveva meravigliato tutte e tutti coloro che avevano seguito la loro traiettoria rapiti, con il naso all'insù? Infine, le stelle, mi hanno insegnato che i loro semi non sono quasi mai soli, ma parte di una famiglia alla quale, prima o poi, ci si ricongiunge. Ciò avviene nei luoghi più inaspettati, forse attraverso piccoli incontri fatali che, nel tempo, diventano parte definitiva della nostra vita, fino alla morte e forse oltre..
Quali che siano le stelle che guidano, ognuna ha le proprie (a volte serve pazienza perché i loro scintillii si scorgano, fra le tante false luci che circondano) che possono anche cambiare, mutare nel tempo a seconda di chi a poco a poco si diventa, camminando al proprio passo alla volta della galassia interiore, traboccante di sorprese e viaggi sempre nuovi, costellati di doni inaspettati.
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Diritti
Testo di proprietà di Claudia Simone vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso scritto dell'autrice e senza citare la fonte.
Crediti fotografia: Pinterest di artista ignoto/a
Etimologia
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