Una Strega a Scopa tra suggestioni e leggende

Perché mai una strega dovrebbe recarsi a Scopa, magicamente attratta soltanto perché quel piccolo paese della Valsesia settentrionale si chiama così?
La risposta è naturalmente nella domanda: era da tanti anni che la località “Scopa” – nondimeno il paese più antico della Valsesia! – mi intrigava al punto da averla cercata più volte sulla mappa; così la frazioncina adiacente chiamata “Scopetta”, dove ho scoperto che vengono svolti degli incantevoli mercatini di Natale che attirano turisti anche da molto lontano…
Ma, come spesso accade, ci sono luoghi che intuitivamente mi chiamano (a lungo) per poi scomparire dai miei pensieri; solo finché, a distanza di tanto, tanto tempo, una fortuita coincidenza non mi chiama proprio lì, ricordandomi l’iniziale e ormai lontano desiderio di viaggiarci attraverso.
E allora mi accorgo che nonostante il mio “ritardo” nel rispondere a quell’impulso di cerca, quella meta mi ha attesa – inviolata – per darmi esattamente ciò che avrebbe sempre dovuto darmi: a volte molto, a volte nulla.
A volte un viaggio dal quale ci si aspettava emozioni profonde, va semplicemente capito con calma, scoperto nei suoi angoli nascosti, e una passeggiata (forse è questo il caso) non basta.
Certo è che Scopa era piena di scope: perlopiù appese sulle case, in prossimità degli usci, o delle soglie su giardini e verande.
Su una piccola chiesa in stato di semi abbandono, anche un falcetto, e fasci di granturco maturo appesi qua e là a mo’ di scope…







Curiosità di Viaggio, La Scopina sulla Porta Una usanza contadina primitiva, testimoniata soprattutto da James G. Frazer, rilevata in varie aree dell'Europa sia occidentale che orientale e connessa alle usanze solstiziali e di Epifania, era quella di appendere una scopina sull'uscio di casa, quasi sempre in vischio, per via dei poteri apotropaici attribuitegli. Il vischio, da sempre considerato “la chiave” per la risoluzione dei mali e rivelatore di tesori (soprattutto fra i Druidi, che lo adoravano nelle Gallie) è inoltre sacro alla Dama Bianca e alle Dee Filatrici che posseggono le chiavi come la norrena Frigg, nondimeno attribuito alle più più recenti figure volanti che via via hanno finito per assumere una connotazione negativa come malefiche, essendo eredi della Strega Alpina Perchta, nondimeno la Befana, ossia la antenata neolitica che custodiva il fuoco celeste (fulmine) celato come spirito arboreo insito nella pianta stessa con cui bastoni e scope venivano forgiati, anche a scopo rituale e magico...
In Boemia una Scopa del Tuono creata con il vischio proteggeva la casa dai fulmini: il grano sarebbe cresciuto alto se si fossero gettate in alto delle scope accese durante la Vigilia di Epifania, e appendere una scopina sulla porta, così come ciuffi di vischio, avrebbe scacciato via anche il male...


A quanto pare lo “stregoso” paese, sito nella provincia di Vercelli (Scoa in piemontese, Skud in lingua Walser), che conta soli 369 abitanti, è ricco di storia e leggende: l’insediamento è stato attestato fin dal Duecento.
Una di quelle che salta subito all’occhio è la vicenda (immersa nel mistero) della cacciata a opera delle truppe valsesiane dell’eresiarca Fra’ Dolcino, giustiziato nel 1307 (anche se diverse fonti storiche hanno smentito la vicenda).
Un’altra suggestione popolare, che è bello ricordare ascoltando lo zampillo dell’acqua presso uno degli storici lavatoi pubblici – un altro emblema di Scopa, oltre alle scope vuole che i rumori prodotti dai ghiacci del Monte Rosa che si spaccano, generando le acque della Sesia, sarebbero i rimproveri delle anime dei morti, adirate per i peccati dei vivi.
La Sesia è del resto descritta dai locali come un corso d’acqua impetuoso e spesso violento: scorre fra le provincie di Vercelli, Novara, Pavia e Alessandria, per questo copre una vasta area...
Se è dal ghiacciaio che trae le sue acque, è normale che il suo messaggio sia ebbro di voci ataviche.

Presso il Lavatoio Comunale

Presso il Lavatoio Comunale

Apprendo tristemente, fra l’altro, una notizia di due giorni fa che annuncia la definitiva dissoluzione del ghiacciaio Flua; esempio di quanto sta accadendo a tutto il Monte Rosa (la seconda vetta più alta delle Alpi). Nell’Ottocento contava la densità di centododici campi da calcio, ora è ridotto a un mare di detriti e rocce.
La sconcertante verità, frutto di un bilancio fatto al termine della tappa piemontese della quinta edizione della Carovana dei ghiacciai, la campagna di Legambiente con Cipra Italia e Comitato Glaciologico Italiano, sottolinea che a partire dal 2050 la stessa sorte toccherà ai ghiacciai alpini con quote massime sotto i 3500 metri.
Se davvero i morti parlassero – e io credo che lo facciano…  “rimprovero” sarebbe un eufemismo a confronto di ciò che meriteremmo per questo declino.
Al di là delle follie ideologiche (inapplicabili e che non possono andare bene per tutte e tutti) di certe branche politiche attiviste e no, cominciare ad ascoltare quel richiamo di morte e assumere coscienza di una reale emergenza ambientale è più di tutto doveroso.

A ogni modo, saltando la visita alla Chiesa di San Bartolomeo (il più antico centro cristiano della Valsesia) e i vari percorsi di storia e arte (tra cui l’interessante Museo Etnografico) che non potrei mai affrontare con il caldo di agosto; siamo andati alla ricerca della “Scopa Beach”, dove si radunano canoisti ed esperti di rafting e amanti del kayak. Inutile dire che Michele, il mio amato compagno di viaggio, è rimasto sconvolto nell’apprendere che mi piacerebbe provare una escursione “tra le piene”, all’avventura…
Dalla spiaggia, abbiamo allora attraversato il bel Ponte Pedonale sul fiume, e seguendo una mulattiera ben tracciata e di breve cammino, siamo arrivati in alto al Belvedere che affaccia su Scopa – precisamente nella frazione di Otra – dove, ad attendermi (figuriamoci se non sarebbe capitato, di nuovo) c’era un piccolo santuario dedicato alla Madonna della Neve (una delle reminiscenze della Dea Bianca), che ospita una tela del 1980 che ritrae la Madonna col bambino che ammira Scopa innevata…





Il piccolo gioiello del 1695 era ahimè chiuso (per questo non l'ho fotografato), ma ho potuto percorrere l'ameno ponticello adiacente e ammirare la bellezza dall'alto sulla Valle, boccheggiando per il caldo, ma felice di sentire uno dei primi venticelli di fine estate, quelli che annunciano la dipartita della stagione, il passaggio, all’altra dimensione, quella che ogni anno, a immaginarla, rende più sopportabile l’estate a una Strega...

Tra le altre curiosità di Scopa, ho notato una cospicua presenza di piante di rosa; praticamente affianco a quasi ogni abitazione.
— Se son rose avranno spine — dice sempre mia zia Biancaneve (la zia Angela, così chiamata perché è praticamente albina). Rosa è anche il nome della nonna, e un simbolo che nel profondo amo e forse mi appartiene, chissà.


Frattanto, una pausa al Bar dello Gnomo, era obbligatoria.
Abbiamo gustato un succo di frutta fresco al mirtillo, per ritemprarci.



Arrivederci, Scopa.
E attendi la nostra visita, Scopetta!
Il ponte romanico lì sito (visto solo di sfuggita, dall'auto), e molte altre leggende, attendono la nostra attenzione, e la mia avida penna...

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