Una Strega a Scopa tra suggestioni e leggende
Perché mai una strega dovrebbe recarsi a Scopa, magicamente attratta soltanto perché quel piccolo paese della
Valsesia settentrionale si chiama così?
La risposta è naturalmente nella domanda: era da tanti anni
che la località “Scopa” – nondimeno il paese più antico della Valsesia! – mi
intrigava al punto da averla cercata più volte sulla mappa; così la frazioncina
adiacente chiamata “Scopetta”, dove ho scoperto che vengono svolti degli incantevoli
mercatini di Natale che attirano turisti anche da molto lontano…
Ma, come spesso accade, ci sono luoghi che
intuitivamente mi chiamano (a lungo) per poi scomparire dai miei pensieri; solo
finché, a distanza di tanto, tanto tempo, una fortuita coincidenza non mi chiama
proprio lì, ricordandomi l’iniziale e ormai lontano desiderio di viaggiarci
attraverso.
E allora mi accorgo che nonostante il mio “ritardo” nel
rispondere a quell’impulso di cerca, quella meta mi ha attesa – inviolata – per
darmi esattamente ciò che avrebbe sempre dovuto darmi: a volte molto, a
volte nulla.
A volte un viaggio dal quale ci si aspettava emozioni profonde,
va semplicemente capito con calma, scoperto nei suoi angoli nascosti, e una
passeggiata (forse è questo il caso) non basta.
Certo è che Scopa era piena di scope: perlopiù appese
sulle case, in prossimità degli usci, o delle soglie su giardini e verande.
Su una piccola chiesa in stato di semi abbandono, anche un
falcetto, e fasci di granturco maturo appesi qua e là a mo’ di scope…

A quanto pare lo “stregoso” paese, sito nella provincia di Vercelli (Scoa
in piemontese, Skud in lingua Walser), che conta soli 369 abitanti, è
ricco di storia e leggende: l’insediamento è stato attestato fin dal Duecento.
Una di quelle che salta subito all’occhio è la vicenda
(immersa nel mistero) della cacciata a opera delle truppe valsesiane dell’eresiarca
Fra’ Dolcino, giustiziato nel 1307 (anche se diverse fonti storiche hanno
smentito la vicenda).
Un’altra suggestione popolare, che è bello ricordare ascoltando lo zampillo
dell’acqua presso uno degli storici lavatoi pubblici – un altro emblema di
Scopa, oltre alle scope – vuole che i rumori prodotti dai ghiacci del Monte Rosa che si spaccano, generando le acque della Sesia, sarebbero i rimproveri delle anime dei morti, adirate per i peccati dei vivi.
La Sesia è del resto descritta dai locali come un corso d’acqua impetuoso e spesso violento: scorre fra le provincie di Vercelli, Novara, Pavia e Alessandria, per questo copre una vasta area...
Se è dal ghiacciaio che trae le sue acque, è normale che il suo messaggio sia ebbro di voci ataviche.
![]() |
Presso il Lavatoio Comunale |
![]() |
Presso il Lavatoio Comunale |
La sconcertante verità, frutto di un bilancio fatto al termine della tappa piemontese della quinta edizione della Carovana dei ghiacciai, la campagna di Legambiente con Cipra Italia e Comitato Glaciologico Italiano, sottolinea che a partire dal 2050 la stessa sorte toccherà ai ghiacciai alpini con quote massime sotto i 3500 metri.
Se davvero i morti parlassero – e io credo che lo facciano… – “rimprovero” sarebbe un eufemismo a confronto di ciò che meriteremmo per questo declino.
Al di là delle follie ideologiche (inapplicabili e che non possono andare bene per tutte e tutti) di certe branche politiche attiviste e no, cominciare ad ascoltare quel richiamo di morte e assumere coscienza di una reale emergenza ambientale è più di tutto doveroso.
A ogni modo, saltando la visita alla Chiesa di San Bartolomeo (il più antico centro cristiano della Valsesia) e i vari percorsi di storia e arte (tra cui l’interessante Museo Etnografico) che non potrei mai affrontare con il caldo di agosto; siamo andati alla ricerca della “Scopa Beach”, dove si radunano canoisti ed esperti di rafting e amanti del kayak. Inutile dire che Michele, il mio amato compagno di viaggio, è rimasto sconvolto nell’apprendere che mi piacerebbe provare una escursione “tra le piene”, all’avventura…
Dalla spiaggia, abbiamo allora attraversato il bel Ponte Pedonale sul fiume, e seguendo una mulattiera ben tracciata e di breve cammino, siamo arrivati in alto al Belvedere che affaccia su Scopa – precisamente nella frazione di Otra – dove, ad attendermi (figuriamoci se non sarebbe capitato, di nuovo) c’era un piccolo santuario dedicato alla Madonna della Neve (una delle reminiscenze della Dea Bianca), che ospita una tela del 1980 che ritrae la Madonna col bambino che ammira Scopa innevata…
Il piccolo gioiello del 1695 era ahimè chiuso (per questo non l'ho fotografato), ma ho potuto percorrere l'ameno ponticello adiacente e ammirare la bellezza dall'alto sulla Valle, boccheggiando per il caldo, ma felice di sentire uno dei primi venticelli di fine estate, quelli che annunciano la dipartita della stagione, il passaggio, all’altra dimensione, quella che ogni anno, a immaginarla, rende più sopportabile l’estate a una Strega...
Tra le altre curiosità di Scopa, ho notato una cospicua presenza di piante di rosa; praticamente affianco a quasi ogni abitazione.
— Se son rose avranno spine — dice sempre mia zia Biancaneve (la zia Angela, così chiamata perché è praticamente albina). Rosa è anche il nome della nonna, e un simbolo che nel profondo amo e forse mi appartiene, chissà.
Commenti
Posta un commento