Il Pé dla Stria di Fobello e Il Salto nell'Invisibile
“Prova a vedere se, fra quei sassi, che si somigliano un po’ tra loro, ce n’è uno che ti ispira e poi spazzolalo piano piano con ciò che hai con te, può essere che la vegetazione si sia mangiata l’impronta, sono passati così tanti anni…”
Come sempre, l’entusiasmo iniziale veniva sostituito da attimi di scoraggiamento, a mano a mano
che perlustravamo l’area, la quale, essendo traboccante di sassi e rocce, impediva di individuare a colpo d’occhio quello che avrebbe
potuto essere “il sasso giusto”. Pensando all’aggettivo utilizzato da Anna
Maria, “tremendo”, io e il mio compagno di ricerca ci illudevamo di restringere
il campo ai massi più grandi, come l'imponente preia che ho inserito nell’album fotografico;
sorprenderà invece sapere che la roccia “segnata” non superava il metro
in larghezza ed era alta quanto un bambino.
Ne abbiamo ripulita qualcuna con la mia scopina da viaggio, facendo
attenzione a non intervenire sul muschio vivo per non deturparlo, dato che strapparlo è illegale oltre che poco etico, ma alla fine non è stato difficile capire quale
fosse la roccia leggndaria...
Un ometto di pietra era stato eretto da qualche visitatore precedente sulla sommità del sasso, con tutta probabilità affinché chi sarebbe arrivata/o dopo avrebbe potuto riconoscerlo, tanto è vero che la graziosa impronta era proprio lì, completa di tacchetti nitidamente riscontrabili, sorgeva su una specie di scalino alla sinistra della pietra, nascosta sotto alle foglie secche, proprio come aveva predetto la nostra amica del Biscutin dal Strii. Persino un vecchierello che passava di lì, incuriosito, si è avvicinato per domandare cosa stessimo facendo e non appena gli abbiamo rivelato del Pé dla Stria, l’uomo ne ha avuto una sorta di reminiscenza e ha confermato che era proprio quello, il sasso, accennando ai bei tempi di gioventù in cui ricordava addirittura di averla fotografata…
— Ma sono passati tanti anni — ha detto… E, andando via, si guardava le spalle, scosso. Chissà che cosa avevamo appena risvegliato, forse il ricordo di un vecchio amore, il profumo di una primavera magica, celata nella memoria…
Leggenda di Viaggio. Il Pè dla Stria. Presumibilmente, in epoche lontane una strega locale aveva il potere di incantare chiunque la incontrasse e mentre cercava di fuggire dalla folla inferocita del villaggio, dato che gli abitanti di Fobello erano intenzionati a scacciarla, la strega saltò via, sparendo, facendo leva sul sasso e lasciando impressa nella pietra l’impronta del suo piede. Secondo la superstizione popolare, toccare o avvicinarsi al sasso avrebbe portato sfortuna, eppure non c’è da meravigliarsi se, alla fine, la storia della strega – forse una bambina, data l'impronta minuta – sia rimasta così radicata nei cuori dei fobellesi, tantoché – ce lo ha detto Anna Maria – quando negli anni Ottanta costruirono la strada dove tutt’oggi sorge, si scelse all'unanimità di non deturpare la conformazione rocciosa in alcun modo. Si tenne conto della roccia stregata e si decise che sarebbe dovuta rimanere lì, a monito della Strega, e così è stato.
Citazione di Viaggio “Le nostre Streghe erano
creature piccoline, non delle donnone come quelle che si vedono oggi. È normale che l’impronta fosse
piccola…”. Tirozzio Anna Maria, “I Biscutin dal Strii”, Fobello (VC)
D'altra parte, non sono mancati casi di accuse di stregoneria registrati nel fobellese; nel 1863 la detta Medica di Fobello, la quale professava arti sanitarie considerate al limite tra medicina e arte stregonica, venne processata dal “Tribunale del Circondario” di Varallo in quanto pericolosa per l’equilibrio sociale montanaro (1)...
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Brevissimi Cenni dalla Tradizione Precristiana delle Alpi
Non è difficile per chi, come me, percorre i sentieri della leggenda e del suo legame con le dimensioni cultuali precristiane, immaginare una connessione tra il racconto valsesiano e le entità pagane preesistenti – trattasi di dee, donne straordinarie o fate che, soprattutto nelle Alpi, venivano collegate al “Piede d’oca”. Anche se tendenzialmente le entità magiche sono invisibili, ci sono aspetti di loro, provenienti soprattutto dalla tradizione locale, che possono essere descrittivi di una natura fisica e quindi presumibilmente “reale” (2). Lo storico erudito Roberto Gremmo, ricorda altresì che il “Pé d’òca” tipico della Val dl’Elf, ossia la Valle dell’Elvo nel Biellese, che già lo scorso inverno mi era saltato alla mente non appena Anna Maria aveva accennato al Pé dla Stria, è un motivo ricorrente nelle leggende delle Alpi come in altre aree d'Italia, conservato in forma epica a prova della comune matrice culturale delle antiche popolazioni megalitiche che per prime civilizzarono l’Europa occidentale (3). Non a caso, fin dalla notte dei tempi si aveva attribuito certe caratteristiche fisiche – tra le altre il sembiante del Pé d’òca – alla entità tutelari quali dee protettrici di certe conformazioni naturali, come montagne o valli, nientemeno i luoghi dove la Grande Antenata Celeste, la protettrice del clan e del focolare della casa – che comunemente chiamiamo “Befana” ma trae origine da una figura reale e di rilievo già nel neolitico – secondo la tradizione resterebbe nascosta per tutto l’anno, finché non ricompare ad annunciare l’inverno, scendendo dalle montagne portando tempesta... (2). Se non altro, il motivo della “cacciata”, con il trascorrere del tempo andato demonizzandosi, lo ritroviamo sia nei vecchi fuochi che venivano accesi in tutta l’Europa precristiana per allontanare le entità invernali e gli antenati – che durante il Capodanno venivano “rispediti” a dimora per fare spazio alla nuova stagione e alle energie giovani – sia nella leggenda delle fanciulle dal Pé d’òca che vennero scacciate dalla dura gente del biellese (3), sia, ancora, nella caccia vera e propria alle Streghe che raggiunse l'apogeo tra il 1580 e il 1650 (5), testimoniata anche da leggende come quella fobellese del Pé dla Stria. Non si dimentichi che, poco lontano, a Cervarolo di Varallo Sesia, la Stria Gatina venne massacrata per aver difeso la vita di un albero, ed era già il 1828. La sua storia qui... Anche nel folklore francese il tratto zoomorfo della dea dell'inverno ricalca il motivo qui accennato, nei panni della Tante Arie che ha tradizionalmente zampe d'oca (6). Di ognuna di loro, non sono rimaste che “impronte”: alcune nella memoria, o nel mito, altre, nella fredda pietra…
Anna Maria Tirozzio. Custode di un Forno Sempre accesso
Anna Maria Tirozzio, custode di un forno sempre acceso (il forno o la stufa sono un altro motivo ricorrente nelle leggende sulle Streghe in tutto il Nord Italia) è doveroso dirlo, incarna i tratti di una delle figure tipiche della Natura, dell'inverno e del Natale – antiche e ambivalenti – a cavallo fra la severa strega, la fata protettrice e la zia “un po' fuori dalle righe...”. Questo perché non risparmia lezioni a nessuna e vive seguendo fermamente la sua volontà profonda, proteggendo e innalzando la sua terra, le sue radici, che considera sacre e inviolabili.
(4) Il biellese magico e misterioso: La civiltà alpina della val dl’Elf nel nuovo libro di Falchero e Canepa - Roberto Gremmo per News Biella
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