Fobello Stregata Tra Stalattiti e Magici Sgocciolii
Lo scorso fine settimana io e il mio futuro marito ci siamo
rifugiati per qualche tempo in una piccola oasi di neve e ghiaccio. Per la
verità, eravamo alla ricerca delle luci dei mercatini di Natale tipici
valsesiani, di cui però non abbiamo visto neanche l’ombra, dato che si
sarebbero svolti a Fobello, in provincia di Vercelli, la domenica 24 novembre e
noi saremmo dovuti tornare in giù prima del loro inizio, per adempiere un
impegno pregresso.
A ogni modo, spesso è dove le luci più comuni sono spente,
che si accendono quelle rare, quelle che brillano allo sguardo di poche e pochi
e riattizzano l’eterna fiamma dentro.
— Forse è proprio dello stalattitico silenzio di questa Valle innamorata del mistero, che ho bisogno adesso — mi sono detta, ripensando ai molti impegni che ultimamente mi avevano tenuta lontana dalla mia assoluta pace.
Dopo le tempeste della settimana, quindi, la sincera quiete, algida e acquatica, di un nuovo luogo di magia fuori dal tempo, ancora una volta immersi in una intricata leggenda da svelare, che ha incominciato a “scriversi” già solo chiudendo gli occhi, ai piedi della parete ghiacciata della montagna, percependo bisbigli scivolare giù insieme agli sgocciolii tintinnanti delle stalattiti, e sommessi canti pregni di memorie ataviche.
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Il Paese di Fobello (Fobél o Fobeli in piemontese) sorge a 880 metri sul livello del mare, nella Alta Val Mastallone, una valle laterale della Valsesia che sorge lungo l'omonimo torrente che nasce attorno ai 2000 metri di quota, in comune di Bannio Anzino (VB) ed è un affluente della Sesia, che confluisce a Sud fino a Varallo ed è composto da ventitré piccole frazioni situate in aree verdi e panoramiche.
Secondo un'antica leggenda l'origine del nome Fobello deriva da un imponente faggio ( fó in dialetto valsesiano significa faggio) che, in passato, sorgeva nei pressi del paese; tale teoria etimologica è confermata da una scritta incisa nel bronzo sulla fontana della piazza (che non abbiamo potuto vedere poiché era coperta dalla neve), tuttavia, altri sostengono che tale nome derivi dall'unione di due parole del dialetto valsesiano: fund “fondo” che indica un territorio ricco e coltivabile e bel, che sta per “bello”.
L’area, ricca di verde e boschi, desta particolare
meraviglia, perciò è chiamata “Conca di Smeraldo”, nondimeno è parte del Parco
Naturale dell’Alta Valsesia. Il comune vanta in effetti, fin dal 2007, una
prestigiosa Certificazione Ambientale (UNI EN ISO 14001) e sebbene sia famoso
per essere il paese natale di Vincenzo Lancia, padre fondatore della famigerata
casa automobilistica, non è per questo che abbiamo scelto di visitarlo, bensì per il richiamo delle sue Streghe che, come quelle incontrate nella Valle Antigorio – che ormai
per noi è casa! – hanno conservato nel tempo e nelle gesta delle donne del paese, alcuni caratteristici tratti degni di
nota, memoria e, soprattutto, rispetto.
Se non altro, passi la desolazione del luogo che dopotutto a noi non dispiaceva; sabato 23 novembre, l’accoglienza non è stata delle migliori (almeno dal nostro punto di vista e per il rispetto di ciò che eravamo lì a esplorare), dato che nel primo e unico punto di ristoro che abbiamo trovato aperto, per rifocillarci dopo il viaggio abbastanza lungo, ci è stato riservato uno “strano” benvenuto dal gestore.
— Ho notato che il negozio “I Biscutin dal Strii” qui a
fianco rimane chiuso sia il sabato che la domenica, che peccato — ho intavolato io, timidamente...
— Per carità, quella là è un po’ fuori di testa per me, lasciate perdere proprio — ha esordito
allora quello che, immagino, fosse invece “l’intelligente del villaggio”.
— Lo sa, è probabile,
e anzi forse è sicuro, che di me dicano lo stesso quelli che credono di conoscermi,
perciò eviterei di giudicare a confezione di biscotti chiusa — ho risposto
io, piuttosto fuori dai denti, salutando distrattamente e muovendomi insieme a
Michele verso la porta. Per fortuna che almeno il caffè era buono…
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I Biscutin dal Strii, di Anna Maria Tirozzio |
Citazione di viaggio (…) Nel cuore del Parco Naturale dell'Alta Valsesia, a Fobello, in Val Mastallone, c'è una stradina nel fitto bosco che da Cervatto porta alla frazione Torno. Arrivati dove il faggeto si fa più buio, esiste un luogo, nascosto alla vista dei passanti, chiamato “Al Pianel dal Strii”. “Io, da bambina, pensavo che le streghe all'imbrunire, dopo il suono dell'Ave Maria, spostandosi in volo, si riunissero là, su quel pianoro, dove si apre una radura illuminata da una luce straordinaria all’alba e al crepuscolo, per operare nell'oscurità i loro sortilegi”. (Intervista ad Anna Maria Tirozzio, su Bandiere Arancioni del Touring Club Itaiano - Pagina Facebook)
Anna Maria è colei che delle streghe conserva, forse, un piccolo frammento prezioso che canalizza nella preparazione dei suoi famosi biscottini, frutto di una ricetta tramandata dalle donne della famiglia..
Tra quei boschi, suggerisce lo storico e politico biellese Roberto Gremmo, venivano praticati gli antichi culti legati alle pietre e molte sono, in tutta la Valsesia, le leggende legate a fate, gnomi e altre creature di incanto e morte, soprattutto connesse al Monte Rosa e alle acque di scioglimento dei suoi ghiacciai..
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Passeggiando per il paese, cercando con lo sguardo una qualche forma di vita oltre alla nostra, la neve era così alta che ci affondavamo quasi tutti polpacci, per camminare tra gli anfratti più segreti e liminari del piccolo paese “spento”, tantoché i miei pantaloni di lana, rimasti a lungo bagnati, sembravano “paillettati” ad hoc dalla più fiera delle stiliste: la regina dei ghiacci.
(Ma mai come la barba di Michele, che sgocciolava in buffi ghiacciolini argentei che sembravano modellati da un abile scultore).
La magia era nell’aria, e ho potuto fotografare alcuni dettagli che seguono e che, probabilmente, in una giornata caotica come quella dei mercatini affollati, non avrei potuto notare e gustare..
Grazioso anche il piccolo caseificio tipico (Käsekeller in tedesco) con i dolcissimi topini e il gattino, connessi curiosamente alle leggende del luogo..
Curiosità di viaggio, “Sunè i rait” Il Martedì Grasso, gruppi mascherati vanno di frazione in frazione a fare rumore, per disturbare il sonno degli abitanti, con campanacci e latte vuote. Chi riceve la fatidica “visita” dello spaventoso corteo, deve a sua volta “renderla” alla frazione da cui provengono i disturbatori, pena la presenza di topi nelle case per tutto l'anno. Per questo motivo la preziosa usanza viene chiamata in dialetto “sunè i rait”. (La Storia di Fobello, su comune.fobello.vc.it.)
La natura del corteo “diabolico” è una reminiscenza della famigerata marcia selvaggia della Signora delle Belve, nelle Alpi conosciuta come Strega Perchta (niente meno che la nostra Befana) la quale con i suoi folletti “truden” visiterebbe le case una volta l’anno per rovesciare tutto e scoperchiare tetti con la sua ira, a meno di non essere nelle sue grazie… Nel Medioevo tale marcia era attribuita a Erodiade/Diana, anche rinvenuta nelle più antiche fonti sulle Streghe come Signora Oriente o Domina Ludi, La Signora del Gioco (Streghe in Piemonte, Massimo Centini, p. 124). In molte aree di Italia, soprattutto nel centro-sud, questo tipo di tradizioni sono rimaste vive sotto il nome di “Befanate” (L’Incanto e l’Arcano, Claudia e Luigi Manciocco) e hanno origini nel lontano neolitico dove la maschera rappresenta la trasposizione della Grande Antenata della Stirpe, tutrice dei clan e dei focolari che imponeva l’obbligo del sonno; dunque, di non essere vista, proprio come la figura di Babbo Natale e la Befana – che in realtà sono la stessa cosa, ma questo lo affronterò in altra sede – si calano dal camino senza farsi scoprire, come reminiscenza di un culto del fuoco celeste e degli antenati che ha origine nella notte dei tempi.
Citazione di viaggio “Se ci pensate, nella fiaba di Cenerentola (che è ella stessa un volto rivisitato in chiave moderna di figure numinose preesistenti già nell’Europa norrena, tutrici del focolare e quindi connesse alla cenere e al carbone) ci sono i topolini perché sono animali inferi, connessi alla natura ctonia della fanciulla, legata ai morti, agli antenati e alle usanze degli antichi”. (Marie Cachet, Le Secret de l’Ourse, Cendrillon, traduzione dal francese di Claudia Simone)
Le due chiese che sorgono proprio nei pressi della piazza principale, tra cui la parrocchiale di San Giacomo, erano rigorosamente chiuse, le poche persone incontrate per la strada, affrettate a imbastire i balconcini con luci e lucine; a concludere, la quasi impossibilità, di nuovo, in Valsesia, di trovare all'ultimo minuto un luogo dove mangiare cibo della tradizione come si deve, a causa delle varie chiusure per ferie novembrine e altri impedimenti che, come sempre, ci hanno fatto pentire di non aver cercato e prenotato prima, tanto è vero che abbiamo dovuto penare un pochino prima di trovare, finalmente, il nostro rifugio segreto..
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Al di là delle contingenze, una particolare gioia restava lì, la custodivo e non se ne andava: — Deve essere quello il bosco delle streghe! Lì, in quel fitto ricoperto di neve, me lo sento... — ho insinuato indicando dalla piazza l’area boschiva tutta bianca dove il Castello di Cervatto stava incastonato, e, in effetti, le mie intuizioni sono state confermate non dalla magra cartellonistica (che ahimè, nonostante le interessanti note illustrative sulla ittiofauna del Mastallone, non faceva menzione delle streghe, queste sconosciute!) ma dalle pochissime chicche trovate nel web, dove si parla di un percorso ad anello (indicato non troppo chiaramente, come sempre) percorribile a piedi, per giungere al segreto pianoro dalla sfavillante luce..
Infine, un altro paio di scatti interessanti, ovvero la magica Villa Musy, in frazione Catognetto, e uno squarcio della piazza di Fobello con il monumento ai caduti.
Comune di Fobello
Visitvercellivalsesia
ibiscutindalstrii.it
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