L'Unicorno di Lesa. Frammenti di Beltà e Nobile Candore
“Tu mi doni la forza di un unicorno*, mi hai cosparso di
olio splendente”. Salmi 92 (91),11 – Bibbia CEI 2008
Viaggio del 25 maggio 2025
Da tempo, non mi sentivo guidata a qualcosa che brillasse tanto da riempirmi gli occhi di lacrime e nostalgia. Ultimamente, mi ero concentrata su ciò che aveva incominciato a poco a poco a svuotarmi e spegnermi o, forse, ogni intreccio ha il suo tempo e alcuni lacci si snodano, per consegnarsi al vento delle infinite possibilità latenti, quelle che abbiamo taciuto a lungo, le quali, sovente ci appartengono ancor più profondamente.
— È tempo di gioia, è tempo di luce! — di leggerezza e volo impalpabile, sottile tra le bianche nuvole illuminate dagli ori celesti. — E che liberazione! — arrivata tutta insieme, alla vista sua: l’unicorno. Osservandolo con gli occhi traboccanti d'acqua, mi sono accorta di quanto, l'amore per la sua figura, fosse inviolato tanto oggi quanto allora. Un allora che ha radici nella mia infanzia.
L'unicorno, dal prefisso uni- e dal sostantivo “cornu”, ovvero un solo corno, è stato meno comunemente chiamato “leocorno” ovvero “liocorno” per incrocio con lione, di alicorno, che a sua volta è alterazione del tardo latino unicornus, definizioni che giungono con tutta probabilità dalla tradizione italiana a indicare sempre la stessa creatura leggendaria: presumibilmente un cavallo con un solo corno in fronte, barba di caprone, coda leonina, zampe pelose e zoccoli bovini. Questi nomi, apparsi nei secoli in fiabe, stemmi e opere d’arte, hanno custodito in una aura di mistero e beltà una creatura talmente variegata nelle sue origini da aver assunto forme, spesso intangibili, che sfuggono le scienze tanto quanto la fantasia.
Origini dell’Unicorno. Brevi Cenni Nelle versioni più
antiche della Bibbia, specialmente in inglese – come la King James Version
del 1611 – e in latino – la Vulgata, traduzione dell’Antico e revisione del
Nuovo Testamento a opera di San Girolamo – il termine “unicorno” appare esattamente
dove oggi, nelle bibbie a portata di mano sullo scaffale delle nostre case, è riportato “bufalo”
o “bue selvatico”. Nel passato, si conosceva poco degli animali selvatici
menzionati nella Bibbia, e la forma ebraica antica “re'em”, alla quale è stata
sostituita la parola unicorno, fu interpretata come un animale con un solo
corno. In realtà, oggi si ritiene fosse un grande bovide selvatico che con tutta
probabilità indicava “aurochs”, il bue selvatico. Le forme “aur” e “ur” erano
in uso nelle lingue antiche germaniche e celtiche e indicavano questo animale
imponente. In alto tedesco antico, la parola si univa a “ohso” (bue), formando “ūrohso”,
da cui nasce il moderno Aurochs. La parola latina “urus” indicava altresì il bue
selvatico fin dalle Guerre Galliche; in inglese, il plurale aurochsen
segue il modello tedesco Ochsen, come “ox” e “oxen”, utilizzato sia singolare
che plurale.
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Inafferrabile, irraggiungibile – creatura d’epifania per
eccellenza – per secoli le sue rarissime apparizioni hanno affascinato o
spaventato, ossessionato coloro che, secondo i racconti soprattutto
rinascimentali, hanno tentato di possederlo o annientarlo e nessuno, per quello
che se ne sa, è mai riuscito ad afferrarlo. L'unicorno è argento vivo,
tanto pregno nell'alchimia medievale dei principali bestiari, quanto nella sua
forma - eterea e impalpabile - dovunque si trovi, materia volatile e ai più
impercettibile, custode di evanescenza.
Abitatore di lande ignote, laddove molte e molti hanno tracciato la
rotta di anima e sogni, lo citò persino Marco Polo quando narrava delle sue
esplorazioni a Sumatra – il quale, pur sapendo di avere davanti un rinoceronte,
immaginava (o credeva di vedere) un unicorno... L'unicorno incalza chi si illude di
averlo incontrato, ponendo il viaggiatore o la viaggiatrice davanti alla enorme
differenza che c'è fra una certezza falsa e una realtà vera (1, XIV). Ludovico
di Varthema, celebre esploratore italiano del Rinascimento, nel suo Itinerario
del 1500 ca. dedicato agli unicorni nel tempio della Meca, in India, ne fece
una descrizione così scrupolosa che si potrebbe pensare, secondo gli studiosi
del contesto, che di inventato ci fosse poco o nulla… Fra quelle lette, nelle
numerose raccolte che ho tenuto care negli ultimi anni su questa “entità”, la
seguente è altresì la più simile all’unicorno affrescato a Lesa.
Citazione di Viaggio (…) E li si mostrano (due unicorni vivi) per cosa grandissima come è certo. (…) El magior è fatto come un polledro de xxx mesi e ha un corno alla fronte (…) circa tre braccia de longheza. L’altro unicorno si è come serìa un polledro de un anno e ha un corno longo circa quatro palmi. (…) Con alcuna crina rara e curta che pendendo da una banda, ha la gamba sottile e asciuta come un capriolo, el pede suo è un poco fesso davanti e l’onghia è caprina e ha certi peli dalla banda de drieto de ditte gambe. (…) Questi due animali furono presentati allo Soldando della Meca per la più bella cosa che ogi se trovi al mondo e per più ricco tesoro… Varthema. Itineriario (Cfr: 1 XV)
L'Unicorno. Una cosa seria Relegato al mondo dell'infanzia, ridicolizzato dai guru esoterici di oggi – che pretendono di sapere cosa sia reale e cosa no – l’Unicorno è in realtà molto più prezioso di quanto si creda. Come accade a ogni creatura rara, la mediocrità diffusa lo ha svuotato del suo senso, trasformandolo in un semplice oggetto da vendere, privato della sua magia antica. Forse, però, è un bene che venga rifiutato proprio da chi promuove divinità o demoni che esistono solo nella forma in cui loro stessi hanno immaginati... Forse è così, che l’unicorno – insieme ad altre creature ingiustamente associate a “streghette new age” – si è conservato nel tempo, e può continuare a vivere nel territorio del sogno, dentro il tessuto della sacra immaginazione. Un luogo potente, che non appartiene ai ciarlatani, ma ai veri maghi e alle vere maghe dell’essere interiore. Al di là della severa contaminatio, l’unicorno è una cosa seria, soprattutto in virtù dei due motivi fondamentali di cui il suo ciclo letterario – cristiano, islamico, pagano fino alla Mesopotamia – trabocca: il tema del corno benefico e il tema della seduzione, ovvero del suo cinto legame con la vergine, Madre di tutti i viventi, la sola che abbia mai avuto la capacità segreta di ammansirlo, cullarlo, “farlo proprio”.
Curiosità di Viaggio. Il Kirin giapponese In Giappone, una delle creature affini all'unicorno è conosciuta come “kirin” - da cui si credeva derivassero i famosi “geta”, le calzature tipiche. Questa creatura, camminando nelle distese d'erba, evitava quanto più possibile di calpestare il verde per non nuocere al suo passaggio.
L'Unicorno non nuoce, non deturpa. Garanzia di integrità. Ma la forza rigenerativa del suo corno può all'occorrenza distruggere, trasformare altresì il veleno in antidoto, il male in bene, nella consapevolezza che sempre essi coesistono e si completano, e nulla di ciò che scorre dentro è mai troppo lontano né dall'uno, né dall'altro...
“Et exaltabitur sicut unicornis cornu meum, et senectus mea in misericordia uberi”. Psalmi 91:11, Biblia Sacra Vulgata (Vulgate)
A oguno/a, le sue tracce. A poche e pochi, il privilegio di riconoscerle.
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Il mio Album fotografico
L'affresco si trova a Lesa, sul Lago Maggiore, niente meno che in provincia di Novara. Pur essendo sbiadito e lasciato in abbandono, nascosto sulla facciata di una casa, tra vicoli stretti e profumo di lago, risale alla araldica del XVI - XVII secolo, quando la famiglia milanese dei Borromeo, molto influente nella zona, si attribuì la purezza e la nobiltà del simbolo dell'unicorno. Un segno silenzioso, figlio di un tempo che nell'anima e nelle parole di coloro che ancora lo inseguono per proteggerlo – non per afferrarlo – risorge a nuova vita.
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