Sul Sentiero Glaciale delle Streghe di Croveo, Le Marmitte Baulina, Il Ponte di Osso e Le Caldaie del Diavolo

Lo scorso sabato, 20 Gennaio 2024, io e il mio compagno di viaggio adorato ci siamo avventurati in un percorso ad anello, compreso nel più ampio Giardino Glaciale degli Orridi di Uriezzo, alla scoperta delle streghe di Croveo di Baceno(VB) – borgo con un impianto tipicamente medievale, nato su una antica frana staccatasi dopo l'ultima glaciazione e costruito tenendo conto della quantità di pietre erratiche; situato in una posizione molto suggestiva, ai piedi delle Alpi Pennine a poca distanza dall’Alpe Devero – nonché fucina  di testimonianze riguardanti processi per accusa di stregoneria rivolti a donne di Baceno, Crodo, e del Monte Cervandone e Cistella fra gli altri; per esplorare quelli che, secondo svariati testimoni, sarebbero stati alcuni tra i luoghi segreti della «tregenda». Beninteso che le Streghe di Croveo – si cita, a proposito, Michele Romagnoli, autore del libro fotografico intitolato Le Tracce Visibili del Tempo delle Streghe – non sono una leggenda, ma sono vissute tra il 1500 e il 1600 ed hanno percorso i vicoli di Croveo, abitato le sue case, solcato i sentieri dei boschi intorno; e furono perseguitate dalla inquisizione novarese”.

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Sul Sentiero delle Streghe di Croveo, Diario di viaggio prima parte

Curiosità di Viaggio, La Tregènda Il termine tregenda, secondo il Treccani fra gli altri; deriva dal latino “transienda, che significa passaggio, via di transito, derivazione di “transire”, ovvero passare; molto utilizzato nelle leggende popolari di origine nordica. Evidentemente, nei racconti di streghe e stregherie alpine, v'è quella reminiscenza del «passaggio» – che su questo diario di bordo è già stato illustrato in alcune leggende dell'area di Macugnaga con il suo Lago delle Fate e in generale nella Valle dell'Ossola – ovvero della marcia selvaggia un tempo attribuita alla Berchta, la nostra strega alpina, nondimeno volto della germanica Frau Holle, che non è altri che la eddica Frigga/Freya ed ancora l'antica Madre preindoeuropea Hertha o Nerthus; che una notte l'anno, prima o durante le Dodici Notti di Natale; attizza il fuoco della tempesta e cammina fra le case con le sue Truden, ovvero folletti di paure ed incubi al seguito, scoperchiando i tetti e controllando le faccende ed il filato delle fanciulle. Nella sua marcia vive il primo vagito di quella corsa selvaggia sulle scope attribuita alle streghe negli anni del peggior massacro, ma anche la cavalcata delle valchirie, e in generale di tutte quelle dee europee sembianti come uccello; così si riflette in essa la primigenia «religione dianica» della Europa Antica, ove le antenate delle streghe, che ne veneravano la lucifera e gioiosa natura nella luce della luna, del sole e delle stelle, stanno a testimoniare da dove tutto incominciò...

Taccuino di Viaggio Scrivere un diario di viaggio, è un conto – mi sono detta – avere tra le mani, letteralmente l’argento vivo, donato, da chi con fiducia ha affidato a te storie, documenti, ritagli di giornale, informazioni provenienti da vecchi archivi polverosi e segreti; è un altro. Trasformare in oro, dare invero «forma» alla «materia orfana», primitiva e potenziale; è una responsabilità, oltre che un copioso impegno. Sarò all’altezza di parlare delle presenze fruscianti che, lungo il tragitto – svolto completamente a piedi, scegliendo di percorrere lo stesso cammino che loro percorrevano – incedevano a spiare ogni nostra mossa, nascondendosi ora dietro un sasso, ora tra il candore dei bianchi pioppi; che scivolavano su e giù per l’aria frizzante, giocando a nascondino con il sole? 


L'esplorazione è incominciata infatti nel cuore di Baceno, comune italiano di 870 abitanti sito nel Verbano-Cusio-Ossola; precisamente dal Ristorante “Vecchio Scarpone”, dove ci siamo concessi una rifocillata di caffè prima della partenza; da cui, seguendo le indicazioni destinate alla carrozzabile per Croveo, abbiamo incominciato la salita asfaltata dedicata alla Via Crucis. 

Scarpone, di nome e di fatto.

Gli immancabili, primi segni sul percorso, e la cartina che illustrava l'intero Giardino Glaciale degli Orridi di Uriezzo (di cui avremmo percorso la porzione di nostro interesse) che ci è stata donata dalla ristoratrice

Baceno, fotografia panoramica  scattata all'inizio della Via Crucis, non troppo distante dal ristorante Il Vecchio Scarpone

Tipica architettura ossolana, numerose le costruzioni di questo genere lungo la Via Crucis che conduce all'imbocco dell'anello

Giunti all’ultima cappella della Via Crucis, abbiamo svoltato giù, a sinistra – con mia somma gioia, l’estenuante salita era ultimata – per incominciare l’avventura, il viaggio vero e proprio, quello che avevo tanto sognato – ma non immaginato – di percorrere; dato che tutto è accaduto molto velocemente, e quella che doveva essere una breve passeggiata nel centro del paese di Croveo per conoscere le Sue Streghe, ci ha invece catapultati in una avventura congelata

Baceno, sulla Via Crucis

Una veduta su Baceno, percorrendo la Via Crucis che conduce all'imbocco dell'anello delle streghe di Croveo

Taccuino di Viaggio Le lunghe camminate, non fanno per me, sono più veloce a nuoto che a piedi – il ricordo di aver avuto pinne, in una qualche forma altra che devo aver abitato in questa o quella dimensione, in un tempo lontano, spesso mi causa disagio. So di non poter fare le cose che fanno gli altri: me lo ricordo spesso! Eppure la gioia incontenibile per quella esperienza – per me nuova – era più importante d’ogni cosa. Del resto sapevo, che sul sentiero, avrei incontrato l’acqua: non poteva che essere così; d'altronde dove ci sono le streghe, ci sono enormi pietre, fonti, latte e sangue…

Sul sentiero della Via Crucis, tra le altre meraviglie, abbiamo fatto la conoscenza di alcune capre domestiche: alcune brune ed una bianca. Il padrone, che evidentemente arrivava dopo aver trascorso alcune ore lontano dalle sue “protette”, non ha fatto che ricoprirle di complimenti, rivolgendosi loro come a delle bambine: poetiche le feste al seguito; soprattutto la reazione calorosa della capra nera – con la quale ero stata a fissarmi profondamente per qualche istante senza tempo  un altro simbolo importante della Strega e dei suoi originari unguenti.

Leggende di Viaggio, La Strega nel Burro Una volta c'era una donna che lavorava il latte per fare il burro con la zangola. Era un giorno che lavorava e non veniva mai il burro. Allora ha preso un catenaccio, l'ha fatto venire incandescente e l'ha messo dentro e ha bruciato il braccio della strega. C'era dentro la strega.  — Leggende delle Alpi, Il Mondo Fantastico in Val d'Ossola, Paolo Crosa Lenz, Grossi-Domodossola, pp. 173-174. 

Nota di viaggio numerose sono le leggende riguardo al maligno, ovvero a quella che era ritenuta responsabilità delle streghe, di impedire al latte di cagliare; ma i veri legami che intercorrono fra la donna di mistero e conoscenza e le proprietà alessifarmacologiche del latte, sono da riscontrarsi in radici ben più antiche, ovvero nelle dee madri, nutrici sia boomorfe che d'altre sembianze animali, quali ad esempio dee uccello e serpenti della Antica Europa, cui le fonti d'acqua, il cui zampillo rappresenta il latte della terra, invero della Grande Madre, venivano titolate. Solo delle religioni abominevoli, basate su principi patriarcali e bellicosi, avrebbero potuto trasformare l'antica tela misterica che tesse la donna al latte delle madri in qualcosa di diabolico e sconsideratamente irrazionale, e crudele.



Documenti di Viaggio, Le Streghe del Cervandone o del Cistella Nel 1609, Elisabetta de Julio di Baceno, Catterina de Franzino della Preia detta “La Mandarina” e la sorella Domenica Comina Talaniono “la zoppa”, Maria Gianola di Ossigo, Catterina di Crodo e Domenica Brenesca di Baceno, arrestate perché ritenute streghe, davanti al giudice affermarono che “in cimma la montagna del Cervandone, un luogo largo come una piazza qual è coperto et vi si suona et balla”. Nelle dichiarazioni non era assente la solita descrizione del sabba: “col demonio sul Cervandone, havendomi prima onto le mani et piedi colla medicina et andando su per il camino, et il diavolo mi portò a un luogho detto la Stua, non è già una stua, ma è un sasso su nella montagna, vi è un piano che si dimanda la Stua, ove erano huomini et donne che balavano”. Le donne confessarono di andarse al sabba dopo essersi unte con una sostanza negra, che pareva buttiro; nel ghiacciao incontravano il diavolo “una cosa grande e nera, qual sta in piedi, con dei corni neri, una codazza longa talmente che strusa per terra…”. Nel luogo dell’incontro di faceva “una croce di bosco et gli donno sopra il culo”. La vicenda giuridica delle streghe si protrasse alcuni anni però non fu necessario scomodare il boia, perché tutte le accusate, tra il mese di Ottobre e di Dicembre 1612, perirono in carcere. Streghe in Piemonte, pagine di storia e di mistero, Massimo Centini, Priuli & Verlucca, pp. 71 – 72, Collana 2010 – 2018

Testimonianze di Viaggio, Interviste Si noti che, secondo quanto riportato dai locali, che da alcuni anni hanno “riattivato” le loro streghe, ovverosia è stata indetta una festa, celebrata ogni ultima settimana di Luglio a cura della Associazione delle Streghe della Valle Antigorio; le streghe negli interrogatori riportassero il nome del Monte Cervandone – la vetta più alta visibile dall'abitato di Croveo  solo per proteggere il Monte Cistella, il cuo corno, rispettivamente 2688 metri, domina il villaggio verso Ovest; ovverosia il vero luogo di danze e bagordi notturni. Personalmente, ho da poco individuato, in un vecchio libro che rappresenta una fonte di rilievo; una leggenda ove si fa riferimento ad un cosiddetto “ballo sul Cistella”. Questo ha senso, se si considera – ed io la penso così – che molto di ciò che è stato testimoniato dalle imputate, negli anni dell'apogeo della persecuzione delle streghe in Europa tra il 1580 e il 1650, porta più il vizio e la malizia dell’immondo essere che interrogava, piuttosto che la pura e sincera verità dell'anima delle donne e uomini coinvolte e coinvolti, le quali e i quali, spesso a causa delle allucinazioni recate da torture sia fisiche che psicologiche; finivano per confessare ciò che gli inquisitori volevano sentirsi dire, piuttosto che il vero. Chiedere scusa per ciò che non si ha fatto, a volte, solo per tagliare corto, ed evitare di testimoniare il vero – che tradirebbe e metterebbe in pericolo le sorelle – solo per proteggere il tesoro che unisce ed evitare, come del resto Seneca ammoniva, “di esporre la verità, a chi non è pronto o predisposto a udirla”.

Ci siamo allora incamminati a sinistra rispetto all'ultima cappella della Via Crucis, seguendo le indicazioni per il Mulino del Rio Ghendola”, che non era segnalato sulla cartina ma ci era stato citato dalla donna de Il Vecchio Scarpone; e che tenevamo a visitare data la sua importanza storica e folclorica. La freccia di legno, lo indicava a cinque minuti da lì. Lungo il tragitto, prima del mulino, abbiamo incrociato quello che, per me, è stato il luogo di attrazione più potente: non sapevo esattamente dove mi trovassi, ma sentivo, ad un livello viscerale, l’arcana appartenenza “a quelle scure”.

Memorie di Viaggio È successo qui, lo ricordo. Ricordo tutto, ogni cosa. Su questo sasso, io lo rimembro” raccontava la voce di luce dentro. Poco dopo, nonostante non ci fosse campo; il messaggino di mia madre, che rispondeva alle fotografie che via via le stavo inviando, sul percorso: “ti ci abbiamo portata da bambina, lì. Ci siamo stati tanto tempo fa, che non potresti ricordarlo..”.

Eccoci a penetrare allora una piccola radura buia a pendio, che ospitava un enorme masso – senz’altro di natura cultuale; dato che l’ho sentito, il suo battito attraversarmi il corpo e smuovere memorie sotto la pelle – affacciato sul primo accenno di “marmitte glaciali”, le Marmitte Baulina; comprese nelle più ampie Marmitte di Croveo, ovvero delle Cascate della Valle del Devero nell'Ossola, nonchè parte del Giardino Glaciale degli Orridi di Uriezzo – così chiamate per la loro particolare conformazione, data dalla contigua forze di erosione dell’acqua – che erano attraversate dal caratteristico Ponte omonimo, completamente in pietra, ripido e stretto, svettava sull’imponente corso d’acqua sinuoso,  che riversava in una piscina naturale dal colore dell’acquamarina, diramandosi in piccole grotte algide ove la roccia piangeva le sue stalattiti che riversavano sulla spuma bianca e vorticosa del corso in piena.

Ponte Baulina e Marmitte Glaciali Baulina

Taccuino di Viaggio Sarà pure il prossimo, ovvero il Ponte di Osso che attraversa le più massicce e imponenti Marmitte di Croveo; il “vero” ponte delle streghe, ove le donne, antenate di magia e memorie misteriche si adunavano per tener convivio; ma per me è questo, il ponte della meraviglia. Ne percepisco i passi, un tempo camminati, o forse di recente, di chi ancora percorre le antiche vie.

Ponte Baulina e Marmitte Glaciali Baulina


Ponte Baulina e Marmitte Glaciali Baulina

Marmitte Glaciali Baulina

Ponte Baulina

La resina che abbiamo gentilmente raccolto dalla corteccia, in prossimità del sasso, per bruciarla nel calderone

Il mio compagno di viaggio

La Madre Pietra, il Ponte Baulina e Le Marmitte Glaciali Baulina

Marmitte Glaciali Baulina

Marmitte Glaciali Baulina

Il Ponte Baulina che attraversa le omonime marmitte

Il Ponte Baulina

Le stalattiti lungo il sentiero, poco prima di accedere al Ponte Baulina

Le stalattiti lungo il sentiero, poco prima di accedere al Ponte Baulina

Ammirate ancora un po’ quelle acque, questa volta dal Ponte Baulina; da cui mi sarei irrazionalmente voluta calare per potermi immergere senza alcun timore – sebbene il pericolo sia segnalato con premura dalla cartellonistica locale, e una botta fatale contro qualche massone non te la risparmierebbe nessuno, data la violenza dell’acqua
  – abbiamo poi raccolto della resina che profumava di incenso balsamico da una corteccia che stava vicino alla madre pietra che si specchiava col ponte e le piene smeraldine; e notato con stupore le primule gialle – chiaro segno del risveglio di Candelora – e funghi bianchi qua e là sbirciavano dai ceppi; per vederci proseguire sul sentiero che ci ha condotti, inaspettatamente, a una graziosa cappella ben tenuta ma dal sapore antico, ove amoreggiava con la magia del luogo una stampa, in bianco e nero, di una graziosissima Madonna del Latte – il chè mi ha meravigliata ma non sorpresa, dato che le nostre Alpi sono emblema delle antiche madri, celtiche e di reminiscenza preindoeuropea; cui le fonti venivano titolate per poi essere passate sotto l’egida della madonnine, le cui litanie portano ancora epiteti delle Dee pagane, nonchè il loro originario corredo.




Tradurre la sigla sotto all’immagine della damina galattofora è stato quasi impossibile, ancor più reperire nel web una qualsivoglia notizia su quella cappellina senza nome. Mi riservo di trovare ciò che cerco, a ogni modo: come sempre. Mi attendono altre ricerche in loco, ovvero interviste ed esperienze esclusive che mi fanno trepidare. Del resto, più tardi, giunti alla meta ovvero percorso a piedi l’intero anello del giardino glaciale che da Baceno conduce a Croveo dall’interno; avremmo incontrato una Madonna del Latte in rilievo su una vetrata all’interno della Chiesa della Natività di Maria – come poteva mancare la nascita, ove c’era già il latte e il sangue delle streghe ululava dal vento del passato? – e, svolgendo le prime ricerche e raccogliendo i primi appunti, ho anche scoperto che la Chiesa Parrocchiale di Baceno – di cui Croveo è frazione, si specifica – ne ospita un’altra, che torneremo senz’altro a riconoscere. Nel frattempo, l'oro del sole incominciava a dissolversi oltre le montagne, rimarcandone il bianco sorriso dentato.

Subito dopo, eccoci al Mulino, perfettamente conservato, e curiosamente aperto alle visite – all’interno sorprendevano gli utensili e alcune testimonianze stampate nel corsivo originale di chi le ha scritte. 

Taccuino di Viaggio Devono avere una profonda fiducia, i locali, perché questo luogo non si tema d’esser violato. Non da noi, certo, che ci siamo affacciati con passo d’unicorno.

Il Mulino sul Rio Ghendola, seguono foto degli interni




L'Antica macina utilizzata per creare i composti di farina, tra cui quella di castagne




Curiosità di Viaggio, Il Mulino sul Rio Ghendola Era uno dei tanti mulini presenti nel territorio di Croveo, appartiene alla famiglia Gallacci, coloro che lo hanno utilizzato fino alla metà degli anni cinquanta, ovvero Serafino Gallacci e sua moglie Maria Parani. Il mulino era alimentato inizialmente da un ruscello di proprietà della famiglia, in un secondo tempo dalle acque del Rio Ghendola. Si macinavano frumento e segale coltivati nei campi del paese e nelle frazioni di Balmelle, Moglio, Quartarone, ed altre. Veniva prodotta anche la farina di castagne che, mescolata alle altre, serviva per fare il pane. — Tratto dalla cartellonistica presso il Mulino

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Mentre sgranocchio un biscotto Bucaneve, proseguo il Diario di Bordo sulle tracce delle streghe di Croveo, e racconto di come, al bivio che indicava a sinistra la frazione Graglia e a destra Le Marmitte di Croveo, Michele si ostinasse a voler proseguire a sinistra “perché la donna che ci ha dato indicazioni aveva detto così” – ripeteva. “È probabile che i cartelli siano stati girati dalle recenti tempeste, ma senz’altro dobbiamo andare a sinistra” – «era proprio convinto»! Ma «la mia fata solare dentro» ripeteva a gran voce “a destra, noi siamo a destra, ti stiamo aspettando”

Inutile dire che avevo ragione – risate – e il vecchio Brontolo che abitava in una baita al limitare di quel crocicchio è stato decisivo nel far cambiare idea al mio compagno di viaggio che, subito, è guizzato verso la meta come un coniglio, sparendo tra le rovine dei Terrazzamenti che con somma ammirazione abbiamo incrociato a pochi metri. – Dove si erano nascosti, quei ruderi, mentre discutevamo sul sentiero da imboccare?!

Citazione di Viaggio I terrazzamenti, di datazione incerta ma senz'altro già presenti al tempo delle streghe erano vantaggio per l'uomo e per la biodiversità, sono testimonianza della creatività e della fatica di intere generazioni che sono state capaci di convivere con la montagna; rappresentano ovvero una parte sostanziale della ricchezza sociale e culturale del mondo(1). — Michele Romagnoli, Le Tracce Visibili del Tempo delle Streghe, esplorando Croveo e dintorni, pp. 60 - 63, cfr.1 www.cipra.org




Murature e ruderi di edifici antichi individuati lungo il percorso che collega Croveo alle frazioni Graglia e a Beola



A Michele piace ascoltarle, le pietre; toccarle con le mani. Lui ha bisogno di comprendere ogni dettaglio sul modo e su quando e perché qualcosa è stato costruito: a quale scopo, soprattutto? Di fatto, in una delle nicchie di quella che pareva la rovina di una baita, o di un castelluccio a dirla grossa, c’erano ampolle, cianfrusaglie e forse chiodi. “Cerchiamo di non invadere lo spazio altrui” – ci siamo detti. È chiaro che qualcuno, qui, i riti di reminiscenza lucifera dianica li svolge ancora. A me non piacerebbe che qualcuno violasse i luoghi dove segno i cerchi e le antenate del boschetto mi fanno visita: “non svelerò le coordinate di questo rito, nemmeno con una fotografia” – ho inciso nell’aria con la penna della voce, forte della mia lealtà nei confronti delle altre, già!.

Di lì a poco, il sentiero si è lievemente complicato: la terra era sempre più ghiacciata, il freddo incominciava a pizzicare forte, e gli scalini sopraelevati ci hanno concesso di attraversare l'angolo più pericoloso.

Citazione di Viaggio Nel loro incedere quotidiano, le Streghe di Croveo si muovevano tra i sentieri, le mulattiere e i viottoli che come una ragnatela collegavano le varie frazioni tra loro Michele Romagnoli, Le Tracce Visibili del Tempo delle Streghe, esplorando Croveo e dintorni, p. 56




Percorrendo il sentiero dei paesaggi terrazzati, siamo quindi giunti a una distesa verde che sapeva di infinito: ho scorrazzato in quella sconfinatezza fintantochè non mi sono accorta delle spesse lastre di ghiaccio sulle quali sarei potuta scivolare. Del resto, le stalattiti erano ovunque sulle costole della Madre terra, lungo l’intera esplorazione, a segnare la vicinanza dell’acqua.

Nel frattempo, il mio compagno di viaggio riempiva la borraccia termica a una piccola fontanella che stava lì, all’angolo della radura verde, affianco a una costruzione dismessa, con tenero caminetto annesso: l’acqua zampillava algida dalla bocchetta che sfociava in una vasca di ferro. Non che mi sentissi troppo sicura, nell’abbeverarmici: “strega urbana e capricci”, diceva una nonna. Ma la fiducia che ripongo in Michele è grande: “vedi, ci sono le impronte dei caprioli immortalate nella terra ghiacciata; è evidente che loro bevono questa acqua. E se loro la bevono – e sono senz’altro più intelligenti di noi – significa che è potabile e buona”. L’acqua era in effetti buonissima. Ghiacciata, ma ottima. Nessun retrogusto strano a turbarmi.

E dopo aver sostato a osservare con occhi ammirati le impronte dei caprioli, messe in luce dalla saggezza contadina che abita Michele, ci siamo presi per mano, e abbiamo proseguito sulla radura che ci ha condotti nuovamente al sentiero di pietra, con ampi gradoni scavati nella nuda roccia, che a scendere – il suono prepotente dell’acqua era indizio – ci ha finalmente portati alla meta: le Marmitte di Croveo, ovverosia le “Caldaie del Diavolo”, che sono solo una – quella di nostro interesse per via delle leggende e delle testimonianze sulle Streghe – delle meraviglie del Giardino Glaciale degli Orridi di Uriezzo. Del resto, percorrendo il sentiero con la calma di cui necessito quando affronto queste gite fuoriporta, l’esplorazione che dal centro di Baceno ci ha condotti alle alture del centro di Croveo, è durata circa tre ore. Non potevo certo rinunciare a starmene un po’ raccolta, ad ascoltare il canto sibillino che ovunque espandeva dentro di me rinnovate consapevolezze.

I gradini ricavati dalla roccia viva

Dovunque, in prossimità delle Marmitte di Croveo, la roccia regalava l'incanto delle stalattiti


Ed eccoci, finalmente, a quello che non sapevamo fosse il nostro obiettivo principale – poiché, la storia, la «vera» storia, l’abbiamo scoperta e intuita solo strada facendo – ovverosia il Ponte di Osso”, sito nella via storica dell'Arbola; a onor del vero il ponte di ritrovo delle streghe; che è anche il nome di una delle frazioni di Baceno, compresa, come Croveo, nel territorio delle Streghe della Valle ossolana “Antigorio”. Così, almeno, raccontano le leggende tramandate dai locali, nonché i documenti di cui sono entrata in possesso...

Curiosità di Viaggio, La Stua del Diavolo Nelle dichiarazioni riportate dal Centini, rispettivamente nel libro Streghe in Piemonte sopra citato, nella descrizione del Sabba delle interrogate di Baceno e dintorni, emergeva la cosiddetta “stua”, che in dialetto piemontese è proprio la stufa. Che le “reiette” si riferissero alla Marmitte di Croveo, meglio note come Caldaie del Diavolo? D'altra parte, è risaputo che la materia delle ultime e degli ultimi pagane e pagani rimasti; che a onor del vero nei pagus, ossia i piccoli paesi; praticavano, spesse volte inconsapevolmente; l'arte segreta ed antichi convegni dianici a onor della Grande madre lucifera; fu ben presto degenerata dagli accusanti in materia diabolica, nel senso più stretto di male, demonico in quanto selvatico, gioioso; lontano da quel senso di costrizione e pudicizia di cui la nuova religione voleva corredare donne ma anche uomini? Certo è, che ho trovato una splendida leggenda, che narra di Lucia e Michele, che presso queste caldaie, tanto tempo fa si innamorarono...


Citazione di Viaggio “Io non credo vi sia nelle Alpi una regione più classica, per ammirare e studiare le marmitte delle cascate della valle del Devero nell’Ossola. Le caldaie di Croveo rappresentano più marmitte consociate, della profondità di forse trenta metri, mirabilmente lisciate dall’acqua che si precipita nel vuoto sotto un arco naturale, formato da due enormi macigni che si sorreggono a vicenda al di sopra dell’abisso...”. — Alessandro Malladra, in Il bel Paese, di Antonio Stoppani, 1908; citazione raccolta da www.lagomaggiore.it

La potenza dell’acqua, che sgorgava sotto i due grandi massi che, esercitando l’uno una forza sull’altro, si tengono “in piedi” a vicenda – sostenendosi – ha zittito la mia mente. Scesa la scaletta di ferro che conduce quasi ai piedi della “Caldaia”, ovvero la stua ove le pareti delle marmitte erano cristalline, adorne di stalattiti; ho quasi dimenticato di essere in equilibrio sulle gambe: per qualche istante, non ho sentito il corpo, rapita da una meravigliosa suggestione.

Poi ho perlustrato ogni angolo con lo sguardo, immaginando imbarcazioni di fate, forse piccole canoe, attraversare le marmitte nel punto più stretto della conformazione. La mia anima ha navigato con loro per qualche istante, lasciandosi trascinare da una fantasia forse infantile, ma reale. Reale per me.






A quel punto, gli ultimi tratti di sentiero prima di imboccare le strette vie della tanto anelata “Croveo”, dove mi sono innamorata del piccolo melo che si nutriva degli ultimi raggi del sole, prima che l'astro sparisse dietro le vette innevate delle montagne, e della architettura caratteristica, addobbata a onor delle sue streghe. Seguono le fotografie di Croveo.

Curiosità di Viaggio, Le Origini Glaciali del Borgo Parte del piccolo borgo di Croveo è sorto su una antica frana staccatasi dopo la fine dell'ultima glaciazione; edifici in pietra si alternano infatti a grossi massi sparsi qua e là, talvolta sfruttati come basamento o parete. Si tratta di architetture tipiche ossolane, con i tetti ricoperti di piode dette a spacco; infatti le costruzione più antiche, rispettivamente del secolo XVI e XVII presentano in alcuni casi contaminazioni della cultura Walser. — Michele Romagnoli, Le Tracce Visibili del Tempo delle Streghe, esplorando Croveo e dintorni; Giugno 2023, Tipografia Cerutti - Domodossola(VB)



Il grazioso melo di Croveo



Citazione di Viaggio, “Bella se è pulita”, un monito che, forse, non  si dovrebbe attribuire solo all’acqua. Queste parole hanno brillato sulla tela celeste della mia anima per alcuni istanti, prima che qualcosa d’altro giungesse a rapirla, altrove, di nuovo e ancora. “Non so dove guardare” – ripetevo continuamente – “tutto è troppo, esattamente, come avevo desiderato che fosse. Forse anche meglio!”.







Penultima tappa, a Croveo, la Chiesa della Natività di Maria, ovvero dove è conservata la statua di Don Amedeo Ruscetta (1876 - 1961), vissuto negli anni cinquanta e sessanta; meglio ricordato come prete viperaro” o viperaio” per via della sua «passione» per le vipere. Molte sono le leggende sul parroco che per sessant'anni praticò a Croveo: alcuni locali riferivano che praticasse «la fisica» e che fosse, in qualche modo, egli stesso un conoscitore di segreti e misteri; forse per il fatto che che fosse un «maestro di fede e scienza», che insegnava ai giovani «l'arte» di «catturare le vipere» che poi consegnava all'istituto Sieroterapico di Milano dove si produceva l'antidoto al veleno. Evitando di crogiolarmi nelle mie impressioni, senz'altro imprecise e poco oggettive, sul millantato personaggio; riferisco a ogni modo che si narra che i metodi di cattura e insegnamento utilizzati dal Ruscetta – esposti senza vergogna, ed anzi erigendo a grande uomo questo tale; sulla legenda affissa sull'attuale museo ovvero la casa del cappellano, dove le vipere che imbalsamava sono ancora visibili – erano a dir poco cruenti, e del tutto irrispettosi di quella natura di cui il viperaro si definiva – e tutt'oggi così viene descritto – «amante». Per quanto ne so, amare la natura, nel piccolo delle proprie possibilità, s'intende; significa quantomeno evitare di interferirne gli equilibri, lasciano tutto come è, esattamente come è. D'altro canto è pur vero che ognuno è figlio del proprio tempo ed io stessa, che vivo una vita agiata con tutte le comodità della città, non posso certo erigermi a qualsivoglia posizione di incondizionato rispetto del creato: spetta a me giudicare? A ogni modo, il monumento dedicato a Don Amedeo Ruscetta, visitabile solo su richiesta, si trova affianco alla Chiesa Della Natività di Maria di Croveo, di cui seguono le fotografie. Personalmente ho scelto di non visitarlo, ma ammetto che la curiosità mi spinge ad approfondire...
 
A Croveo la chiesa parrocchiale dedicata alla natività di Maria ha un bel campanile costruito su un grande masso di frana. 


Croveo, Chiesa della natività di Maria


Statua di Don Amedeo Ruscetta, il famigerato prete Viperaio o Viperaro, parroco a Baceno negli anni cinquanta/sessanta

Dietro la Chiesa della Natività di Maria, Croveo

La Madonna del Latte presso la Chiesa della Natività di Maria a Croveo, identica alla stampa inserita nella piccola cappella in prossimità del Mulino sul Rio Ghendola

All'interno della Chiesa, ove sul soffitto delle navate erano riportate le tre virtù teologali,  rispettivamente fede, speranza, amore o carità, e le quattro virtù cardinali; invero prudenza, giustizia, fortezza e temperanza; vicino alla culla con la bambola di Maria bambina, che ben rappresenta la stella nascente della Epifania, nonchè il risveglio di Candelora che si delinea nella lattea fanciulla di Imbolc, la giovane Brigid che nel mito celtico prende il posto della Cailleach, nonchè della anziana, anche conosciuta come Annis La Nera nelle leggende scozzesi; figuravano, come quasi sempre accade in ogni chiesa che io abbia visitato, indistintamente che sia titolata alla Madonna della Neve, alla Madonna della Stella od alla Madonna del Latte ed in generale alle Madri dei Campi o delle Grazie; la margherita e la rosa dei venti, la stella polare, l'orsa maggiore; ovverosia la stella a guida dei marinai egizi e cananei, la Grande Madre Celeste dei semiti meglio conosciuta come la sirenica Astarte, rilucente nei panni della stessa Iside Stilla Maris, colei dal cui culto quello della Madonna cristiana si è originato; nondimeno similmente presente nella mitologia baltofinnica e artica che dall'Asia, e in generale dai miti di origine anatolica per mezzo dei traffici della Via della Seta è stata fortemente influenzata.

Taccuino di Viaggio L’una – la margherita – giallo bottone che dipende dal calore e dal potere della «stella sole» – e l’altra, come gemelle – la stella a sette punte – ad aprire le porte della visione celeste, che vive dentro, e guida sulla rotta come guidò coloro che, fin dalla notte dei tempi, nella preistoria; a Lei si ispirarono, dovunque e in ogni luogo, osservando il suo sorgere, il suo divenire, il suo tramontare…

Qua e là, abbandonata la breve tappa alla chiesa, tra le strette vie di Croveo sfilavano befanine appese alle porte delle case; finanche – dopo aver visitato il famigerato lavatoio ove le donne erano solite unirsi in assemblea per consigli o chiacchiere – ove abbiamo ceduto al desiderio di bere uno spritz da accompagnare a un tipico aperitivo ossolano, rispettivamente al Bar, Ristorante e Pizzeria “Cistella” – a onor del Monte della tregenda delle Streghe – ove streghe e befane erano praticamente ovunque, finanche l’insegna luminosa del bancone, recava la sagoma di una donna in volo sulla scopa.

Il Lavatoio di Croveo, uno dei ritrovi delle donne e streghe

Il grazioso presepe installato sul Lavatoio di Croveo

Gli ultimi scatti tra le vie del centro di Croveo, al crepuscolo; prima che facesse buio

Bar, Ristorante e Pizzeria Cistella

Bar, Ristorante e Pizzeria

La conducente del locale, Mirella, ci ha preparato un ottimo spritz frizzantino, accompagnato da patatine e una abbondante ciotola di croste di pane appena sfornate, imbevute nell’olio di oliva. 

Bar, Ristorante e Pizzeria Cistella


Bar, Ristorante e Pizzeria Cistella

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Ci siamo sentiti accolti e bentrovati, a nostro agio in quella semplicità. Un piatto umile, ma una rara gentilezza ad accompagnarlo. Il soprannome di Mirella, in breve, è diventato “la Strega”. Se non altro, avendo intuito che non ci trovavamo lì solo “per piacere”; mi ha condotta al suo angolino segreto, ove conserva, da tanti anni, ritagli, fotografie, articoli di giornale (anche datati) riguardo la faccenda delle streghe. “Non è molto” – ha esordito – “ma mi piace che chi visita questo luogo possa informarsi, se lo desidera” – ha aggiunto – “sono felice di darti una mano, nelle mie possibilità”.

Bar, Ristorante e Pizzeria Cistella

Ed eccomi, in breve, trasferita al tavolo vicino al bancone, a raccogliere appunti, scrutare quegli “archivi familiari”, che mi hanno condotta a una parentesi della mia vita, nonché del mio “lavoro”, che avevo sempre sognato. Essere lì, sul posto, ad accogliere racconti, gioie, tristezze e testimonianze di chi, quella particolare leggenda, l’’ha vissuta sulla sua pelle.

Documenti di Viaggio, Le Ultime Streghe di Croveo e Baceno Oh! Che lunga schiera ne vide egli venire! E quante donne sparirono allora da Baceno e da Croveo!... Anche sua moglie era fra esse e passando in forma di biscia per farsi riconoscere e ottenere forse misericordia, lo percosse con la coda. Egli, però, pieno di gioia attizzò allora vieppiù il fuoco e così ebbe fine l’antica schiatta delle streghe. Credono però molti che le nostre buone donne, benchè non si mutino più in serpi o in civette, abbiano tuttavia nelle vene assai di quel sangue. — G. Barbetta in “Il Popolo dell’Ossola” 31 Dicembre 1909 (pubblicato in Us Sent – Racconti intorno al fuoco, Supplemento a “ECO Risveglio Ossolano” n°27, 9 Maggio 2000.

Bar, Ristorante e Pizzeria Cistella

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Tra le vie di Croveo, le maschere delle streghe, reminiscenza della Berchta, ovvero la Befana, signora delle bestie di origine preistorica; scattate dopo la sosta al Ristorante Cistella

Tra le vie di Croveo, reminiscenza della Berchta, per aferesi e sincretismo divenuta la Befana, signora delle Bestie di origine preistorica; scattate dopo la sosta al Ristorante Cistella

Ultimato il nostro gustoso banchetto, e raccolte tutte le informazioni utili – promettendoci di ritornare, ma questo, per il momento, resta segreto – abbiamo salutato Mirella, che nel fine settimana ci aspetta a cena “con le sue streghe”; ci siamo incamminati sugli ultimi due chilometri di anello, per ritornare, sotto alle stelle scintillanti e in compagnia dell'abbaio dei caprioli, al nostro punto di partenza, ovverosia Baceno, dove la macchina stava comodamente parcheggiata al campo sportivo – il luogo più comodo per parcheggiare, se scegliete di ripercorrere i passi qui illustrati.

Baceno

Il borgo di Baceno

Il borgo di Baceno, le ultime luci

Indicazioni di viaggio

Per svolgere l'esplorazione ad anello e conoscere i misteri delle streghe di Croveo; percorrere la superstrada del Sempione uscendo allo svincolo Crodo/Valle Antigorio e proseguire su SS 659 per 12,5 Km. Superato il ponte Silogno sul rio Devero entrare in Baceno e parcheggiare l'auto in piazza Aldo Moro. Le indicazioni relative al percorso vero e proprio, ovverosia quello svolto da noi e che riguarda l'aspetto legato alle streghe, all'interno della porzione del Giardino Glaciale degli Orridi di Uriezzo, sono in fase di aggiornamento: vogliamo fornirle il più possibile accurate, data la confusione che abbiamo riscontrato negli articoli di chi ne ha parlato prima e nelle indicazioni dei locali, che sono state errate od approssimative. Si attendano aggiornamenti e, il viaggio e le interviste, domani continuano, negli stessi luoghi..

Diritti

Testo e fotografie di proprietà di Claudia Simone. Vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso scritto dell'autrice e senza citare la fonte.

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