Il Giro dell'Oca tra Mergozzo, Verbania e Omegna

Quando hai vissuto, ed amato tanto un luogo, diventa parte del sussurro della tua anima. Quando parte di quella anima viene donata a qualcuno che ami, poi, desideri condurlo ai luoghi che l'hanno nutrita, affinché lo nutrano a sua volta.
Mergozzo, “Margözz” in dialetto ossolano si trova nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola e la porzione più occidentale del suo territorio fa parte del Parco nazionale della Val Grande. Il grazioso comune è inoltre dominato dal Monte Orfano.
Ecco alcuni primi scatti della nostra breve esplorazione di ieri, con il gelido laghetto incorrotto e non balneabile, i soffici giunchi dal flebile canto, e le montagne biancheggianti ad abbracciare le casette colorate che tanto amo sin dall'infanzia, che grazie a mio padre e alla sua musica mi condusse a questi luoghi di magia e incanto.







Curiosità di Viaggio, L'Olmo Secolare Simbolo incontrastato di Mergozzo è il suo Olmo secolare sulla riva del lago; già presente a Mergozzo dal 1600 dove veniva tenuta “assemblea”. L'Ulmus minor è presente a Mergozzo da ormai cinque secoli. Ciò si evince da una importante fonte iconografica che lo ritrae nella sua giovinezza, ovvero una tela che rappresenta la Madonna del Rosario con i Santi Domenico e Caterina datata e firmata Carolus Canis 1623, conservata nella Chiesa Parrocchiale dell'Assunta a Mergozzo. La tela reca ai piedi della Vergine una veduta su Mergozzo con il giovane olmo, che era il centro della vita sociale e politica del paese, tantoché tutte le decisioni dei capi famiglia e gli editti del Comune venivano proclamati nella pubblica piazza all'ombra delle sue fronde, come si legge nei documenti antichi “in platea publica et subtus ulmo”, e ancora più tardi nel 1773 “le riunioni si fanno nel luogo solito ove si dice all'olmo”. Oggi, a sottolineare la sua importanza, è inserito nella lista degli alberi monumentali del Piemonte. — Brano riportato dalla etichetta esposta davanti all'Olmo, di proprietà dell'Ecomuseo del Granito di Montorfano

Cenni Storici, I Leponzi, Celti dell'Ossola 

Mergozzo fu abitata dai Leponzi, una antica popolazione celtica o ligure stanziata nelle Alpi centro-occidentali. ma i pochi reperti ritrovati non permettono di ricostruire come si presentasse all'epoca il villaggio, dove a ogni modo sono state identificate due necropoli. In località “Groppole” sorge, fra l'altro, un complesso megalitico con Masso coppellato che viene fatto risalire all'età del tardo Neolitico...



A seguire, le fotografie delle indiscusse protagoniste del paese, le famose oche, amanti delle passeggiate. Hanno camminato in cerchio intorno a noi, si lasciavano avvicinare con estrema calma. Se non altro, quando le abbiamo viste inseguire una signora e attaccarla, ci siamo ritenuti fortunati ad essere stati accolti con tanta gentilezza. L'oca ha per me un significato molto particolare, ma questo è un racconto per pochi.

Taccuino di viaggio Curioso che, a tener assemblea dinnanzi l'Olmo secolare, oggi siano forse più «solo» le oche”.

Simbologie di Viaggio, L'Oca Vigile e Sacra

Oche e cigni condividono il simbolo della donna sovrannaturale: sia le fate che la Vergine Maria hanno subito trasformazioni in oche. A differenza del cigno, però, l'oca ha subito un processo di degradazione simbolica, culminato nel pregiudizio moderno che la associa a donne sciocche, pettegole e di scarsa intelligenza; ignorando la sacralità e importanza che le oche rivestivano nel tempo antico per Greci e Romani, per i quali erano più preziose dei cani, vere e proprie protettrici della casa e autentiche vigilanti. Quando i Galli assediarono il Campidoglio ingannarono i cani, ma non le oche, che salvarono Roma, poiché sacre a Giunone, si credeva. Per i Celti erano messaggere degli Dei, alla stregua del cigno. Nel volo dell'oca selvatica, Anser anser, era possibile scorgere la volontà divina. Riferisce Alfredo Cattabiani in Volario, pp.146 – 153, che l'associazione Era-Giunone e Persefone-Proserpina rivelerebbe che l'oca partecipasse dell'universo simbolico della Grande Madre: fu una oca a donare a Nemesi, la ninfa primordiale, l'uovo da cui scaturì la maternità ancestrale. L'uovo d'oca, secondo Bachofen, rappresenterebbe il punto focale dei Misteri stessi: ciò accade anche nella mitologia galtofinnica, di reminiscenza asiatica, dove un uovo di Anatra nel nuovo Kalevala viene presentato come la matrice divina primigenia. Gli sciamani altaici ritornavano dall'aldilà cavalcando una oca selvatica. Erodoto nomina l'oca tra gli animali sacri al Nilo, chiamandola oca-volpe.

Curiosità di Viaggio, Il Gioco dell'Oca Riferisce Alfredo Cattabiani nel suo Volario, pp. 152 – 153; che una volta si chiamasse anche Il Giardino dell'Oca, poiché la meta da raggiungere nella casella centrale raffigura un edenico giardino dove l'animale passeggia beatamente. Tra gli Egizi v'era un gioco, dove protagonista era il serpente, che era basato sulla stessa logica a spirale: il motivo è sempre un percorso sotterraneo, introspettivo, che deve essere svolto a spirale, seguendo dunque una logica circolare e non lineare, che conduce al centro di tutte le cose, ovvero dentro sè stesse/i. Si verrà ricacciati indietro nel «gioco», della vita; ogniqualvolta non si agirà seguendo le sinuose ali numinose che «portano esattamente dove si deve andare», rispetto al proprio unico ed insostituibile destino – tessuto dalle Madri Filatrici – inteso nel senso di una inarginabile volontà a diventare chi si è, ben rappresentata nel tema del Daimon di J. Hillman, C.G. Jung prima, ed eco della concezione greca antica citata nella Repubblica di Platone, precisamente nel Mito di Er, ove è sotto l'egida delle Moire, che il giuramento all'anima che a ognuna ed ognuno viene affidata, viene sancito.







Seguono alcuni interni sfiziosi della Chiesa della Beata Vergine Assunta, con la simpatica biblioteca gratuita e il presepe.




Ed ecco gli scatti più belli, anche se uno mi è stato fatto dal mio compagno di viaggio senza avvisarmi, e lo amo proprio per questo.
Taccuino di Viaggio “Sono una creatura di lago. Da sempre. L'urgenza a gettarmi per allenare l'apnea e nuotare con il mio stile da sirenetta era forte. Per qualche istante, ho desiderato eclissarmi in quella gelida distesa d'acqua”.



Seguono altre preziose fotografie. Gli angoli più significativi per me, per noi. Le vie strette e calme, le piccole finestre, le lucine irroranti pace; e ogni singolo luogo dove abbiamo immaginato scene future della nostra vita insieme.
Taccuino di Viaggio “Mergozzo, con le sue oche dormienti al crepuscolo; è una ninna nanna, un umile canto d'inverno e di luce”.


Figurano anche l'affresco di Santa Lucia – che ho scattato riprendendo apposta anche la piccola rosa bianca – la adorata Damina Bianca candelifera alla quale sono devota da tanti anni, anche per via di una malattia della vista vissuta da un membro della mia famiglia, che a lei è stata affidata e in parte guarita; e quello di Santa Barbara.

Santa Lucia e la Rosa Bianca








Santa Barbara




L'Angolo della Leggenda, La Vegia dul balm Una leggenda sedimentata a fondo nella memoria popolare della Bassa Ossola quella della Vegia dul balm. E' una "storia vera", scabra ed essenziale come le rocce dei Corni di Nibbio. La vicenda si svolge in Fajera, un luogo tanto selvaggio che ha
pochi eguali anche in Val Grande. Fajera è un ampio fornale, ripidissimo e cosparso da sassaie
che emergono da un bosco stentato, nel vallone di Nibbio. Anche gli escursionisti – sono pochi, ma qualcuno c'è che risalgono l'orrido ed angusto burrone per raggiungere le Bocchetta di Valfredda, tra il Proman e il Lesìno, non si accorgono dei balmi di Fajera perché sono defilati, distanti solo un centinaio di metri dal corso asciutto del torrente, eppure invisibili. Lì, fra i sassi, i frassini e pochi castagni smilzi, è stata vissuta una storia d'amore lunga una vita. Siamo agli inizi del Novecento. Lei si chiama Angela Borghini di Anzola d'Ossola ed è una donna bellissima, la ragazza più bella del paese. Lui si chiama Michele, è già sposato, ha figli e fa il boscaiolo. La leggenda non dice come, quando e perché, ma i due si innamorano. La comunità locale non accetta questo amore illegittimo. I due abbandonano la società degli uomini e vanno a vivere in Fajera: sotto un balmo, con un gregge di capre e nient'altro. Per tutta la vita. Quando il Michele muore, T'Angela lo trasporta per un tratto nel gerlo del fieno, poi sfinita lo lascia e scende a Cuzzago a chiedere aiuto. Al primo che incontra si rivolge con parole scarne ed essenziali: L'e mort Miché. A gni su tòl, o al sutèri beli
là?. È morto Michele. Venite su a prenderlo o lo sotterro là?. Alcuni del paese salgono a raccogliere il cadavere e, avvolto in un drappo di tela appeso ad una stanga, lo portarono a seppellire. L'Angela, rimasta sola, torna alla suo balm tra i monti a condurre, per altri lunghi anni, una vita di solitudine. Un inverno, si racconta una valanga seppellì il balm e Angela rimase giorni sotto la neve; un'altra volta le rubarono le capre. Ormai vecchia e ingobbita dalle fatiche, agli inizi degli anni '30 scenderà a morire in ospedale. Leggenda tratta da Leggende delle Alpi, Il Mondo Fantastico in Val d'Ossola, Paolo Crosa Lenz, Grossi - Domodossola, p. 314

L'Angolo della Leggenda, La Nascita del Narciso e L'Aquila di Ierf Il pastore si allontanò nei campi, la moglie entro nella baita a prendere il poco latte per darlo all'ultimo nato, ancora in fasce. In quel breve attimo, un'aquila ghermì il piccolo portandolo verso il nido. Angoscia e disperazione dei genitori, ma al tramonto, dalle alte vette della valle del S. Bernardino, numerose piccole fiammelle si accesero all'orizzonte, sempre piu ingrandendosi sin là, ove il corpicino giaceva dilaniato. Tutti i pastori accorsero sul luogo e videro una folta schiera di angeli che avevano ricoperto i poveri resti con un manto di candidi fiori di narciso componendo la frase. "E nel Ricordo un Fiore Offrite (ERFO)". Giova ricordare che allora i prati della zona non conoscevano il narciso. Da quel momento e per sempre, ogni anno, ecco riapparire il candido fiore. Leggenda tratta da Leggende delle Alpi, Il Mondo Fantastico in Val d'Ossola, Paolo Crosa Lenz, Grossi - Domodossola, p. 126. Si noti che la leggenda testimonia la paur ancestrale delle genti di montagna che l'aquila reale potesse attaccare il bestiame. Nessun bambino è mai stato realmente rapito da questo uccello.

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E qui, altre «importantissime» memorie di viaggio: dopo la visita a Mergozzo, l'obbligatorio giro dei Pub di Verbania. Tra cui lo storico B-Side con il suo stile “età della pietra” dove sono praticamente cresciuta ascoltando la Blues Band di mio padre dal vivo, e che ho voluto rivedere aperto dopo che era caduto in disuso per tantissimi anni; e l'Irish Pub O'Connors, il migliore della zona con i suoi bagni sfiziosi e la cotoletta a dir poco gigante!

Irish Pub O'Connors

B-Side Pub

B-Side Pub

B-Side Pub

B-Side Pub

Irish Pub O'Connors
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Tornando verso casa, era impossibile non completare il giro del ricordo passando da Omegna, la mia bella Omegna, Paese delle tradizionali Fate, memoria di draghi e sirene; dal mio amato Lago d'Orta. La mia seconda dimora, da sempre. In questo periodo in cui la commercializzazione delle feste ha riempito Orta di turisti, profananti delle sue leggende antiche che sono parte della “mia” tradizione e del luogo dove ebbi la mia primissima ispirazione a scrivere; non ho voluto visitarla. Ma penso che ci tornerò molto presto, ripercorrendo le memorie della vecchia casa sul lago dove il mio portale di ricerca, Lo Scrigno di Luce, è nato; e dalla quale molto incominciò.



Curiosità di Viaggio, Le Fate di Omegna Alcune donne locali raccontano che le Fate di Omegna apparirebbero fra le acque con una imbarcazione magica proveniente dal Lago d'Orta, per lasciare dei mazzolini di fiori dinnanzi la chiesa cittadina, probabilmente nel florido periodo di Beltane o durante la Notte di San Giovanni. Che sia verità o fantasia non spetta a nessuno stabilirlo, tuttavia, chiunque abbia mai respirato un'alba o un tramonto sulle sponde di Omegna, non farebbe fatica a credere che fra le nuvole che sembrano nebbia possano celarsi traghetti segreti del popolo fatato; motivo tanto caro ai celti, che qui camminarono. 


Tra gli scatti, la Luna di Kiev, e la delicata poesia di Gianni Rodari – scrittore e pedagogista omegnese – installate in prossimità del Torrente Nigoglia per le vittime della guerra.






Indicazioni di Viaggio, il Museo Archeologico di Mergozzo

Il Civico Museo Archeologico di Mergozzo, ove è installata una collezione di materiali provenienti da varie località provinciali, databili dall'età della pietra alle soglie del Medioevo, apre solo dalla stagione primaverile a quella autunnale; per questo non abbiamo potuto visitarlo, ma torneremo senz'altro quando ci sarà possibile.
Per informazioni rivolgersi all'indirizzo museomergozzo@tiscali.it oppure al recapito 0323 80101


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